Tra le commedie di Shakespeare “La bisbetica domata” ha rappresentato un caso a sé: causa la sua problematica “ambiguità”, sono stati molti i tentativi di assegnarle un’etichetta precisa, fosse quella della commedia misogina, femminista, oppure della farsa. Come andrebbe infatti letto un testo sulla “addomesticazione” di una bisbetica? Zeffirelli nel 1967 aveva scelto la via dell’ironia per l’ultimo, famigerato, monologo di Caterina, decretandone de facto la vittoria finale, ma l’ambientazione e il tono della pellicola avevano in qualche modo soffocato una più ampia riflessione sul tema della sudditanza e la stessa guerra tra sessi non era uscita dai confini di un garbato divertissement. Nel 2018, dopo le battaglie femministe degli anni Settanta e ai tempi del #metoo, la questione non viene messa da parte, anzi: il testo è ben inquadrato in un momento storico e sociale così definito e a noi vicino da favorire implicazioni altre, oltre agli ancestrali simboli della lotta tra sessi.

«Credo che, nel nostro paese, l’ultimo periodo in cui si sia cercato di inquadrare programmaticamente la donna in uno schema politico, sociale ed economico sia il Ventennio fascista. La figura femminile viene strutturata e il suo ruolo viene molto valutato, ma solo in quanto moglie e madre. La donna ribelle – cioè sola -, soprattutto se sessualmente libera, è dannosa perché contraria ai principi dello Stato», spiega Loredana Scaramella, regista dell’adattamento in scena al Globe Theatre di Roma. La scena si apre sulla cornice prevista da Shakespeare (e spesso cassata): un “uomo di potere”, in questo caso del PNF, decide di burlare l’ubriacone Sly, trovato svenuto sotto un tavolo della locanda, e di fargli credere di essere un nobile uscito di senno. Nel mentre, sopraggiunge una colorata compagnia di attori, a cui l’uomo di potere chiede una rappresentazione per Sly; lui stesso interpreterà Petruccio, attratto dalla cantante della compagnia a cui affida il ruolo di Caterina, la bisbetica. Il gioco parte: Bianca, la figlia minore di Battista, è piena di pretendenti ma il padre non intende maritarla prima di aver trovato consorte anche alla sorella maggiore, impresa ardua dato lo spirito ribelle. All’orizzonte però appare un forestiero, Petruccio, intenzionato a sposare Caterina (e la sua dote) e soprattutto a domarla. Ma non c’è solo la commedia: l’uomo di potere e la cantante si incontrano e scontrano come se stessi, oltre che come Caterina e Petruccio, in una lotta estenuante per il dominio e, nel caso di Caterina, per una qualche forma di resistenza in quel sistema violento e tutto declinato al maschile.

L’allestimento della Scaramella riesce a far emergere le zone d’ombra del testo Shakespeariano, come la violenza che accompagna l’”addomesticamento” e l’umiliazione di Caterina, ridotta al silenzio e all’immobilità, senza però perdere in comicità. È proprio la leggerezza di cui sembra essere intriso lo spettacolo, con la soubrette un po’ gatta morta un po’ diva, i vecchi attori comici, i “boys” e i fantasisti, a sottolineare la realtà della guerra in corso tra Caterina e Petruccio, tra uomo e donna per i ruoli di padrone e suddito. Il contrappunto è perfetto. Al corteggiamento galante e un po’ furbetto che accompagna Bianca e i “boys”, segue lo scontro fisico della bisbetica col suo primo e unico pretendente, alla compra-vendita della sposa in casa di Battista, ai travestimenti, ai pezzi da teatro di rivista, la tortura psicologica di Caterina, mascherata d’amore da parte di Petruccio, e la sua dolorosa metamorfosi finale, su toni sempre più vicini al varietà tedesco, piuttosto che a quelli solari della compagnia della cantante. Lo spettacolo riesce a tenersi sempre su questa sottile linea, senza pendere troppo nell’uno né nell’altro campo, tanto da convincerci che alla fin fine Sly non avrà successo nell’applicare il “metodo Petruccio” con la propria moglie, ma ci lascia anche con un interrogativo sul destino dello scontro personale tra i due protagonisti: dopotutto, è solo la commedia ad essere finita.

Dopo aver interpretato Benedetto in Molto rumore per nulla in apertura di stagione, Mauro Santopietro torna sul palco del Globe nei panni dell’”uomo di potere”. Il suo è un Petruccio padrone e dominatore degli eventi fino alla fine, spogliato di qualsiasi aria di rude semplicità gli avesse attribuito la tradizione, ma energico, convincente ed in duetto perfetto con la Caterina di Carlotta Proietti. L’attrice riesce a regalarci una bisbetica ribelle, sanguigna e dolorosamente cosciente della sua condizione, eppure estremamente vulnerabile e umana, impegnata in un duello non solo verbale ma anche e soprattutto fisico con l’altro, dove salti, botte e ogni tipo possibile di contatto (coreografati a meraviglia) diventano una danza fino allo sfinimento. Ottime le performance del fantasista – Grumio (Federico Tolardo), della soubrette – Bianca (Sara Putignano), dei comici Paolo Giangrasso e Gianni Ferreri e della compagnia tutta. Bravi tutti.

TitoloLa bisbetica domata
AutoreWilliam Shakespeare
AdattamentoLoredana Scaramella
RegiaLoredana Scaramella
Musichequartetto “William Kemp” (Adriano Dragotta, Lorenzo Perracino, Franco Tinto, Daniele Ercoli)
SceneFabiana Di Marco
CostumiSusanna Proietti
LuciUmile Vainieri
Aiuto regiaFrancesca Visicaro
InterpretiDonato Altomare, Giulio Cavallini, Federigo Ceci, Diego Facciotti, Gianni Ferreri, Gabrio Gentilini, Paolo Giangrasso, Lorenzo Grilli, Roberto Mantovani, Ivan Olivieri, Loredana Piedimonte, Carlotta Proietti, Sara Putignano, Mauro Santopietro, Antonio Sapio, Federico Tolardo
Durata180'
ProduzionePoliteama SRL
GenereCommedia
Applausi del pubblicoFragorosi
In scenafino al 16 settembre al Globe Theatre