Io, mai niente con nessuno avevo fatto

Quest’anno il “Garofano Verde – Scenari di Teatro omosessuale” apre la stagione del Teatro Argentina. Dopo un’anticipazione nel mese di giugno, ecco le tre serate di quello che lo stesso curatore della rassegna Rodolfo di Giammarco definisce il «vero e proprio Garofano Verde 2014». Tre serate, dunque, e tre spettacoli voluti fortemente, nonostante il negato sostegno del Comune di Roma che lo ha considerato una «manifestazione storica non finanziabile», dal Teatro di Roma che ha messo a disposizione un palcoscenico importante come l’Argentina.

Dall’8 al 10 settembre ecco andare in scena le 3 storie scelte per parlare di omosessualità e per contribuire a non distogliere lo sguardo dalle problematiche non ancora risolte, prima fra tutte la lotta contro i pregiudizi omofobici che ancora sporcano il nostro Paese.

La prima serata ha visto esibirsi la Compagnia Vucciria Teatro con “Io, mai niente con nessuno avevo fatto”, un testo scritto e diretto da Joele Anastasi che è anche uno dei tre interpreti. La storia è quella di Giovanni (appunto Anastasi), un ragazzo gay siciliano, caratterizzato da un’ingenuità quasi irreale e dal rapporto simbiotico da un lato con la cugina Rosaria (Federica Carruba Toscano, un po’ sorella, un po’ fidanzata, un po’ madre ma anche figlia) e dall’altro con un uomo, Giuseppe (Enrico Sortino), il primo e unico uomo, almeno da quello che si evince dalla conclusione dello spettacolo. Una storia semplice, a tratti quasi banale anche per una messa in scena e una regia che non lascia nulla all’immaginazione, vista la pesante didascalicità.

Lo spettacolo è un alternarsi di monologhi: il racconto di Rosaria anticipa quello di Giovanni che a sua volta si chiude prima dell’inizio di Giuseppe; e via andare, senza colpi di scena. Nella linearità della narrazione si potrebbe forse scorgere la linearità della vita di paese, la routine che solo un piccolo borgo del Sud d’Italia può avere. Questa scelta non basta a fare di “Io, mai niente con nessuno avevo fatto” uno spettacolo di alto livello. Si fa seguire, è indubbio – sono pochi i momenti morti o superflui – ma il velato richiamo all’arte di Emma Dante e al suo straordinario “Mishelle di Sant’Oliva”, non gioca certo a suo favore. Anzi.