Educazione Siberiana” è un romanzo di formazione scritto da Nicolai Lilin (edito da Einaudi), venduto in 24 paesi e tradotto in 19 lingue. Si narra l’educazione degli Urka siberiani, ultimi discendenti di una stirpe guerriera: uomini che si definiscono «criminali onesti», gente animata da un’etica forte e antica, capace di brutalità ma anche di esprimere un codice etico che paradossalmente si dichiara incorrotto, nonostante sia l’espressione di una comunità criminale. Quando Lilin nasce in Transnistria, regione dell’ex Unione Sovietica oggi Moldova, la criminalità dilagante è l’unica certezza per un bambino come lui, cresciuto nel culto delle armi, esposte in ogni casa ai piedi delle icone religiose, come fossero anch’esse ammantate di sacralità. Ed è proprio un piccolo altare d’immagini sacre ed armi profane ad aprire la versione teatrale del libro, dopo la riuscita trasposizione cinematografica di Gabriele Salvatores con John Malkovich. L’altare chiude un ambiente umile e fatiscente, che trasuda povertà ed al contempo dignità, in cui il nonno Kuzja insegna la vita ed il codice d’onore dei “siberiani” ai nipoti.

Ma è il conflitto tra Boris, il giusto e Yuri, il ribelle, il perno centrale dell’azione, l’epicentro da cui partono le forze centrifughe che porteranno alla frantumazione del nucleo familiare. E non solo. Un conflitto incentrato sul devastante impatto della società ex-sovietica (siamo in pieno “glasnost gorbacioviana) con il moderno consumismo occidentale. Uno macro scontro, esemplificato in uno scontro familiare.

Non era facile trasferire in un ambiente chiuso come quello teatrale, un romanzo pieno di azione, ambienti e personaggi quale “Educazione Siberiana”. Ma grazie alla profondità di scena ottenuta con quinte che si aprono alle spalle degli attori, gli ambienti si moltiplicano, la scena si anima e le storie corrono parallele l’una accanto e con l’altra, fino ad esplodere più dal punto di vista drammaturgico che non emozionale. E qui risiede il dilemma: lo spettacolo non emoziona, rimane freddo e distaccato. Tanto meno aiuta la recitazione dell’intera compagnia: sopra le righe, urlata, nervosa e schizofrenica. Eppure gli anziani nel romanzo (come nel film) erano calmi, pacati, riflessivi; un atteggiamento che dava loro spessore, reverenza e stima da parte della comunità tutta. A teatro questa atmosfera si perde, preferendo una recitazione “pulp” che anestetizza qualsiasi pathos a fronte di un lungo, interminabile, assordante rumore. Neanche troppo di fondo.

TitoloEducazione siberiana
AutoreNicolai Lilin, Giuseppe Miale di Mauro
RegiaGiuseppe Miale di Mauro
Musiche Francesco Forni
SceneCarmine Guarino
CostumiGiovanna Napolitano
LuciLuigi Biondi
InterpretiLuigi Diberti, Elsa Bossi, Ivan Castiglione, Francesco Di Leva, Giuseppe Guadino, Stefano Meglio, Adriano Pantaleo, Andrea Vellotti
Durata98'
ProduzioneFondazione Teatro Stabile di Torino, Teatro Metastasio Stabile della Toscana/Emilia Romagna
Anno2013
Generedrammatico
Applausi del pubblicoRipetuti
In scenafino al 16 febbraio 2014 Piccolo Eliseo | Roma; 18-23 febbraio Teatro delle Passioni | Roma; 25 febbraio - 2 marzo Elfo Puccini | Milano; 4-9 marzo Teatro Bellini | Napoli; 11-12 marzo Teatro Testoni | Casalecchio di Reno; 14-15 marzo Teatro Concordia | Venaria; 17-18 marzo Teatro Municipale | Casale Monferrato