Due rette parallele s’incontrano all’infinito? Be’, saranno affari loro: dopotutto, l’infinito è un luogo confortevole. “Anelante” parte dal non-sense geometrico; gioca con i numeri, con l’analisi logica e grammaticale, per proseguire attraversando ipocrisie politiche e sociali, esperienze di vita domestica, rapporti familiari e psicanalisi. Situazioni messe in scena in chiave radicalmente assurda, una lente paradossale che deforma le verità quotidiane o esistenziali nelle quali in fondo ciascuno ci si può riconoscere.

Rispetto agli spettacoli ormai classici di “RezzaMastrella”, qui non si notano novità dirompenti e si riscontra un utilizzo meno spettacolare e multiforme delle scene di Flavia Mastrella, se non nell’onirico finale sottomarino. Ci sono invece, in “Anelante“, una ricchezza ironica e un ritmo sapiente: pur mantenendo nel corso della commedia la continuità di un unico flusso di coscienza, gli autori sanno perfettamente quando arriva il momento di cambiare passo e registro, trascinando lo spettatore in tutt’altra direzione. Teatro concettuale e teatro fisico, verbale e corporale, passando dalla concitazione alla pausa, dalla forma al contenuto per tornare di nuovo alla forma, in un’acrobazia di battute acutissime. In riferimento al titolo, che allude ad una nota fase dello sviluppo psicosessuale, si potrebbe parafrasare Manzoni: «Anelante con juicio». Tanto che l’ora e mezza di spettacolo viaggia così bene, che alla fine si vorrebbe restare a teatro per vederne ancora – e Rezza scherza anche su questo.

C’è un utilizzo sfrenato della mimica, della gestualità, dello spazio teatrale: accompagnato da attori che sono una cornice e un supporto, Rezza salta, si dimena, si denuda, contorce il volto in maschera e la voce in grammelot incomprensibili. Il protagonista è un logorroico, autoreferenziale e autoironico, che riflette sulla parola: scritta, letta, recitata. Proprio mentre denuncia la morte del linguaggio e la sua perdita totale di senso, lo spettacolo stesso lo resuscita, glorificandone le potenzialità.

Si potrebbe dire che Rezza sia politicamente scorretto, irriverente, causticamente cinico: ma è qualcosa di diverso; il suo non è un personaggio ma un’entità astratta, in una dimensione altra in cui collocare con levità perfino i riferimenti sessuali più espliciti. Se Rezza fosse un numero, sarebbe un numero irrazionale: come pi greco, con infinite cifre decimali non prevedibili. La sua, però, è una follia lucida, intelligente ed estremamente consapevole. Come direbbe “Anelante” «è un ragazzo introvabile: beato chi lo cerca».

TitoloAnelante
AutoreFlavia Mastrella e Antonio Rezza
SceneFlavia Mastrella
LuciMattia Vigo
Aiuto regiaassistente alla creazione Massimo Camilli
InterpretiAntonio Rezza, Ivan Bellavista, Manolo Muoio, Chiara A. Perrini, Enzo Di Norscia
Durata95'
ProduzioneTSI La Fabbrica dell'Attore Teatro Vascello - Fondazione TPE - RezzaMastrella
OrganizzazioneStefania Saltarelli
Anno2015
Generecommedia
Applausi del pubblicoA scena aperta
In scenaDal 9 dicembre 2015 al 17 gennaio 2016 al Teatro Vascello - Via G. Carini 78 - Roma