– Hai iniziato a dire le parolacce? Ma tu non le hai mai dette!

– Non le ho mai dette. Ma le ho sempre pensate.

La moglie ha incominciato a dire parolacce. Per l’anziana coppia oggi è un giorno uguale e diverso dagli altri, un giorno che potrebbe essere l’ultimo, o il primo di una nuova vita. Si dice che il matrimonio sia la tomba dell’amore e sulla scena ideata da Lino Fiorito le tombe si materializzano davanti al suggestivo fondale in cui le macchie di colore, attraversate dalla luce, disegnano un paesaggio di cipressi. Attorno alle tombe, che diventano due letti matrimoniali con tanto di spiritosa abat-jour incorporata, si aggira una seconda coppia: due ex pompieri che giocano ancora a fare i pompieri, spingendo un carrello del supermercato come fosse una camionetta, munita di volante e di sirena lampeggiante.

Con la vecchiaia che lentamente ha affievolito il desiderio e gli entusiasmi, il dialogo tende ad incartarsi sulle piccole attenzioni quotidiane, sui rimpianti, sui ricordi ormai appassiti. La stessa parola “amore” si è svuotata di significato fino a ridursi ad un semplice appellativo con cui rivolgersi all’altro. La conversazione fra i personaggi, ispirata al teatro dell’assurdo, ha un andamento iterativo e lentamente progressivo: ciascuna battuta riprende la precedente, limitandosi ad aggiungere un elemento minimo al concetto già espresso.

Adottando il meccanismo della ripetizione, così tipica del linguaggio in età avanzata, Scimone (autore) e Sframeli (regista), oltre a restituire bene l’idea di una quotidianità sempre uguale a se stessa, creano un andamento ritmico che è comico e poetico insieme. Affiancando una bravissima Giulia Weber, Spiro Scimone interpreta il “vecchietto”, mentre Francesco Sframeli e Gianluca Cesale sono gli ex pompieri. La seconda coppia sembra un’emanazione della prima, una cassa di risonanza, una proiezione dei freni inibitori: rende la scena ancor più surreale e divertente, anche se a tratti rischia di essere ridondante.

Amore” ruota attorno alle paure: la paura del giudizio degli altri, di abbandonarsi alla passione e perfino di lasciarsi andare alla morte. Un invito a vincere le resistenze senza temere l’arrivo delle sirene, a vivere senza cercare la costrizione protettiva di un “pannolone”, senza preoccuparsi di avere sempre un lenzuolo di ricambio nel cassetto. Simone spiega che «il senso della vita si può trovare solo nell’amore»; per fortuna la commedia è meno banale di così sebbene, pur partendo da un’idea valida e ben interpretata, dà l’impressione di rimanere abbozzata, fin troppo scarna nell’arco dei 50’ di spettacolo. Meriterebbe un ulteriore sviluppo.

TitoloAmore
AutoreSpiro Scimone
RegiaFrancesco Sframeli
SceneLino Fiorito
LuciBeatrice Ficalbi
InterpretiFrancesco Sframeli, Spiro Scimone, Gianluca Cesale, Giulia Weber
Durata50'
ProduzioneCompagnia Scimone Sframeli
Coproduzionein collaborazione con Théâtre Garonne Toulouse
Anno2015
Applausi del pubblicoRipetuti
In scenaDall’11 al 16 ottobre al Teatro India - Lungotevere Vittorio Gassman - Roma