W Zorro, il musical


Anno
2012

Genere
musical

In scena
fino al 21 Ottobre
Teatro Il Sistina di Roma
tour

Autore
Stefano D'Orazio
Adattamento/Traduzione
Gianfranco Vergoni
Regia
Fabrizio Angelini
Scene
Aldo De Lorenzo
Coreografie
Fabrizio Angelini,
Gianfranco Vergoni
Costumi
Zaira De Vincentiis
Luci
Umile Vainieri
Musica
Roby Facchinetti
Interpreti
Michel Altieri,
Alberta Izzo,
Roberto Rossetti,
Jacqueline Ferry,
Maurizio Semeraro,
Fabrizio Checcacci
Produzione
Medina Produzioni

 

Attraverso il ballo, la recitazione e il canto, il genere musical è capace più di altri a suscitare emozioni e partecipazione nel pubblico. Continui cambi di scena e giochi di luce mirano a conquistare visivamente, a sedurre con le melodie delle note. A volte, in mancanza di budget importanti, vengono in soccorso le idee, l'inventiva dei realizzatori. Ma il risultato è stabilito in partenza: emozionare.Tutto questo purtroppo manca nello spettacolo che apre la stagione al Teatro Il Sistina di Roma, l'ultima fatica di Stefano D'Orazio (paroliere) con le musiche di Dody Facchinetti: “W Zorro, il musical”.

“Da bambino Zorro era il mio eroe, coraggioso, forte e intraprendente, ma forse me lo ero un po’ dimenticato – racconta D'Orazio –. A settembre, complice un ennesimo trasloco, ho ritrovato in un baule il costume che aveva accompagnato i carnevali della mia infanzia, quel piccolo Zorro mi è saltato addosso quasi riconoscendomi e mi è subito venuta voglia di costruire, intorno a quella sorpresa una nuova avventura”.?
Purtroppo per lui e quindi per il pubblico, non tutte le ciambelle riescono con il buco. Dopo il successo eclatante di “Pinocchio” ed il parziale insuccesso di “Aladin”, questa nuova produzione per la regia di Fabrizio Angelini mostra una pigrizia di messa in scena che spiazza e delude.

La storia è elementare: dopo una lunga assenza Diego (Zorro) torna in Messico per la morte dell’anziano padre William, nobile idealista, da sempre dalla parte dei peones. La sua terra è oppressa dal regime dittatoriale; nella California messicana ormai il divario fra miseria e nobiltà è incolmabile ed è imminente una nuova rivoluzione. Diego capisce presto che il misterioso personaggio, abile di spada e di parola, apparso spesso in passato al fianco dei peones per perorare la loro causa, che il popolo chiamava El Zorro (la volpe) era proprio il suo amato padre. D’ora in poi decide di indossarne la maschera per portare avanti la causa del popolo oppresso e per dare giustizia alla bella Cecilia (adottata in tenera età dal padre di Diego) la cui famiglia era stata sterminata dai tiranni.

Lo spartito scritto dal Pooh Facchinetti risulta sin troppo omogeneo, senza le variazioni di genere e melodie che aveva fatto la fortuna di “Pinocchio”, al quale alcune armonie finiscono persino per assomigliare pericolosamente. La regia di Angelini nulla inventa, accontentandosi di accompagnare gli attori all'interno di una storia prevedibile nelle situazioni e nei personaggi (vedi la coppia forzatamente comica del prete e del Sergente Garzia, piazzata a intermittenza con l'unico intento di spezzare il ritmo blando della storia e tentare di divertire il pubblico), con scenografie povere e prive di originalità ed un impianto luci elementare, non all'altezza della grande tradizione del tempio della commedia musicale romana, il Sistina. Il risultato è uno spettacolo senz'anima, privo di sussulti narrativi ed emotivi che possano coinvolgere il pubblico e rapirlo dal naturale torpore in cui precipita con sin troppa facilità.

Unica nota positiva è l'interpretazione di Jacqueline Ferry nei panni di Consuelo, una spanna sopra Michel Altieri in quelli di Zorro, Alberta Izzo di Cecilia e Roberto Rossetti di Don Juan De Salvatierra, che pur avvalendosi di voci potenti e convincenti nel cantato, evidenziano un'impostazione sin troppo accademica nel recitato, tanto che il già poco persuasivo testo di Stefano D'Orazio risulta privo di vita, di colore, di sangue, di vita, desautorando quei valori di giustizia e libertà di cui lo Zorro della nostra adolescenza si faceva portatore. [fabio melandri]