La terra senza
Autore: Anna Vinci Adattamento:
Regia: Ivan Stefanutti
Scene: Ivan Stefanutti
Luci: Valerio Peroni Musica: Paolo Zambelli
Produzione: Le Nuvole Teatro, Artisticamente, Fondazione Politeama Catanzaro
Interpreti: Carlo Greco, Gianna Paola Scaffidi, Massimo Avella, Marta Bianco
Anno di produzione: 2007 Genere: drammatico

In scena: fino al 7 marzo al Teatro Belli

La Terra senza racconta una storia italiana, ambientata in un paese del Sud. È un viaggio interiore dei protagonisti Ludovico (Carlo Greco) e Rosa (Gianna Paola Scaffidi) per ritrovare il loro passato. Sono stati fratelli, hanno condiviso l’amicizia, le esperienze, ma come spesso capita, nell’età adulta le scelte personali hanno determinato incomprensioni e distanze.
Ludovico è fuggito dalla casa del padre, dalle tradizioni, da legami a volte soffocanti. Rosa è rimasta, ha affrontato una maternità senza un compagno, si è sposata, ha “sposato” le tradizioni familiari, è rimasta legata alla casa del padre, al culto del cibo, alla cura e dedizione per i componenti della famiglia. Ludovico è il traditore di quel “lager”, come viene da lui stesso definita la famiglia, traditore di Rosa che rimane in quel lager.
Il dramma si apre con Ludovico in scena: in silenzio si riappropria con lo sguardo degli oggetti del salotto della casa familiare che deve vendere. Poi arriva Rosa e la presenza fisica è un ritorno della memoria. Compare Giacomo, figlio di Rosa e di un padre che non è stato il marito di sua madre, morto in quelle uccisioni misteriose che capitano nei paesi del Sud. Lo spettacolo non affronta il tema politico ma quello socio-affettivo tra i protagonisti. Rosa cerca di trattenere Ludovico in questo suo piccolo mondo, fatto di lenzuola pulite per gli ospiti, di tanto troppo cibo, di orgoglio frutto della resistenza alle avversità e alla condizione femminile. Rosa cerca una fisicità con Ludovico, che di nuovo fugge. Le scene sono intervallate da suoni ed echi ancestrali, da una danzatrice avvolta in un telo scuro, che si insinua fisicamente tra i personaggi come un serpente. Tornare nei luoghi dell’infanzia significa ritrovare i propri antenati, o dèmoni da cui si è fuggiti?
Il testo di Anna Vinci è molto bello, mai banale, forse a tratti i dialoghi sono così lunghi che si rischia di perdere la bellezza delle parole. La regia ha ritmo, sa dosare i silenzi e i dialoghi, la scena con il testo. Avvincente la scelta di una danzatrice come simbolo delle tradizioni del Sud. Gianna Paola Scaffidi è Rosa, perfettamente calata nel ruolo. Carlo Greco è bravo, ma a tratti la sua interpretazione è recitata, come direbbe “il giovane Holden” di Salinger, gigioneggia: la recitazione ha la meglio sull’emozione, a volte sembra persino rigido nel corpo, rispetto alla veemenza delle parole; ma chissà, potrebbe essere anche una scelta interpretativa dettata dall’imbarazzo del protagonista nel tornare al passato. Il dramma è circolare, finisce come inizia, con la stessa musica del carillon dell’infanzia. Il finale è aperto, come la vita. Un dramma che fa riflettere sull’italianità, sulle fughe come esseri umani, sulla difficoltà di affrontare il passato. [deborah ferrucci]