Sugo finto


Anno

2010

Genere
commedia

In scena
fino al 4 dicembre
Teatro Golden | roma

Autore
Gianni Clementi
Regia
Ennio Coltorti
Scene
Rita Forzano
Costumi
Rita Forzano
Luci
Domenico Amatucci
Musica
Alessandro Greggia
Interpreti
Paola Tiziana Cruciani,
Alessandra Costanzo
Produzione
Teatro della Città, Razmataz srl

 

“Arsenico e vecchi merletti conditi con sugo da pomodori inaciditi” . Potrebbe essere il titolo di questo spaccato di romanità esilarante: due sorelle zitelle, Assunta e Addolorata (Paola Tiziana Cruciani e Alessandra Costanzo), proprietarie di una merceria di periferia, vivono la loro quotidianità battibeccando sulla spesa avara di Addolorata, la televisione trash con tanto di chiromanti di Assunta, il matrimonio del cugino Augustarello con una ragazza moldava, il cartoccio con i resti del pranzo di nozze.

E’ come ritrovare le nostre mamme, zie, nonne in un colpo solo, un affresco macchiaiolo de’noantri.
Si entra nella cucina di una casa romana: sottovesti calate in soggiorno, chiacchiere sulle donne, “altre” (quelle che vivono, un po’ zoccole), minestrine, i pettegolezzi sul parentado, l’importanza di fare bella figura, l’ansia di un regalo adeguato alla cerimonia; quel razzismo sotterraneo ma bonario di una certa romanità, personificato dai commercianti cinesi più competitivi pure sugli articoli di merceria.

L’autore Gianni Clementi trasmette un patrimonio di vita quotidiana che altrimenti andrebbe perduto, una Roma che se non è ancora sparita, lo sarà a breve; la regia di Coltorti scorre fluida ad assecondare i giorni che passano; le due interpreti sono credibili, vere, in simbiosi come nella trama, difficile distinguere l’una dall’altra, seppure molto diverse tra loro: l’una avara e l’altra spendacciona, entrambe claudicanti, quasi a suggerire la condivisione del medesimo destino tronco di non aver vissuto una parte di vita, quella dell’amore, di un figlio, una famiglia.

Il finale scivola come una carezza - nonostante l’epilogo drammatico -con lo stesso tono familiare che pervade la storia, confortante, in quell’affetto fraterno, prigione e consolazione di queste due vite.
[deborah ferrucci]