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STORIA STRANA SU UNA TERRAZZA NAPOLETANA
Autore: Luigi De Filippo
Regia: Luigi De Filippo
Scene: Salvatore Michelino
Costumi: Salvatore Michelino
Produzione: I due della città del sole
Interpreti: Luigi De Filippo, Tina Scatola, Simona Di Nardo, Ingrid Sansone,
Lenoardo Agrella
Anno di produzione: 2007 Genere: commedia
In scena: fino all’8 aprile, Teatro Quirino, Roma
“Hai scritto una bella commedia. Vorrei averla scritta io. Papà”. Questo il biglietto che Luigi De Filippo trovò sul copione che aveva fatto leggere al grande Peppino. I due De Filippo interpretarono poi insieme la commedia. Era il 1973. Dopo più di trent’anni Luigi De Filippo torna a proporre al pubblico romano Storia strana su una terrazza napoletana, opera teatrale che all’epoca della prima rappresentazione lasciò il pubblico stupito, per come criticava apertamente la famiglia. Il testo è infatti un corrosivo ritratto dei suoi molti difetti, uno su tutti l’ipocrisia.
Il sipario si alza sulla terrazza di un attico dove vive una tipica famiglia borghese. Il capofamiglia è Federico (Luigi De Filippo), pasticcere in pensione che cerca di resistere al tempo che passa. Insieme con lui abitano moglie, figlia, genero, domestica e cane. I rapporti sono tutt’altro che idilliaci, in particolare il genero Luciano litiga spesso con i suoceri. Il parente acquisito, inoltre, fa una rivelazione: il cane Scugnizzo ha cominciato a “parlargli”, rivelandogli i segreti inconfessabili della famiglia e del resto del quartiere, tra cui quelli del parroco.
La commedia si snoda con un ritmo incalzante e piacevole, con una progressiva e ben sincronizzata esasperazione dei toni. Quando comincia a rivelare le “confidenze” ricevute da Scugnizzo, Luciano viene giudicato pazzo, tutti si sentono messi in pericolo dall’emergere delle scomode verità. In particolare è la suocera (un’usuraia tutta fede e preghiera), a scagliarsi con maggior virulenza contro il genero. Federico, dal canto suo, cerca di tenere insieme la famiglia. Ma è lui il primo a sentirsi prigioniero di rapporti logori. Dice del matrimonio: “Essere sposati tutta una vita è uno sproposito. Il matrimonio dovrebbe essere a tempo, cinque, dieci anni. Se ti trovi bene rinnovi”. E alla fine Scugnizzo (che rappresenta la coscienza collettiva) sceglierà proprio Federico come interlocutore privilegiato.
La scommessa di Luigi De Filippo di far riflettere ridendo è riuscita, come sottolinea egli stesso quando al termine della rappresentazione, ritorna sul palco e in un piccolo monologo afferma che questo testo è: “La vittoria del teatro dei contenuti, sul teatro delle barzellette”. Al successo della commedia contribuisce la prova degli attori, apparsi tutti molto convincenti.
[gianni sarro]
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