Sotto paga! Non si paga!
Autore: Dario Fo
Regia: Dario Fo
Scene: Dario Fo Costumi: Dario Fo
Musica: Dario Fo, Fiorenzo Carpi
Produzione: Cherestanì produzioni
Interpreti: Marina Massironi, Antonio Catania, Marina De Juli, Renato Marchetti, Sergio Valastro
Anno di produzione: Genere: commedia
In scena: fino al 26 ottobre al Teatro Valle di Roma, via del Teatro Valle 21 Tel. 06.68803794

La stagione del Teatro Valle di Roma si è aperta il 14 ottobre sotto il segno militante e poetico dell’arte di Dario Fo. Questa volta il premio Nobel veste “unicamente” i panni di regista dirigendo, tra lazzi e denunce, Antonio Catania e Marina Massironi protagonisti di Sottopaga! Non si paga!, la commedia scritta dallo stesso nei primi anni Settanta.
Il racconto parte da “Il quarto stato” il celebre dipinto di Pellizza da Volpedo che rappresenta le classi popolari in marcia per ottenere il riconoscimento dei loro diritti. Il pannello sul quale è riprodotta l’opera apre e chiude la scenografia costituita da un’angusta abitazione popolare cuore, della vita di Antonia e Giovanni: lei licenziata da alcuni mesi, lui operaio. Una storia di pura fantasia ispirata dalle lamentele della strada dove le donne di Milano, denunciando il caro prezzi, decidono di pagare la metà della cifra imposta dalla vendita. Antonia si trova così, suo malgrado, a partecipare a un “esproprio proletario” in un supermercato, cercando di tenerne all’oscuro il marito, che preferirebbe morire di fame piuttosto che contravvenire alla legge. Da qui prendono il via una serie di intrecci, battute e fraintendimenti tipici della commedia dell’arte, che ha tutta la forza della denuncia sociale.
Riemerge allora, la storica lotta tra operai e “padroni”, le rivincite e le denunce degli eternamente poveri contro i ricchi e potenti, la scanzonata e bonaria presa in giro delle forze dell’ordine. Il quotidiano diventa commedia giocosa in cui la denuncia sorride anche un po’ di se stessa.
La contrapposizione tra leggerezza e briosità delle gag comiche dei brillanti protagonisti e le situazioni tragicamente realistiche proposte sulla scena, sono un elemento tipico del genio di Dario Fo. Un elemento volutamente attualizzato, adattando il testo agli ultimi avvenimenti che hanno investito e piegato l’economia mondiale; non ultimo richiamandosi, nelle battute finali, al dramma dei mutui per l’acquisto della casa.
Lo spettacolo scorre via placidamente grazie alla bravura degli attori e alla perfezione del testo che – ci tiene a sottolineare lo stesso Fo nella breve presentazione concessa al pubblico prima dello spettacolo – “seppure nato trent’anni fa, parla dei giorni nostri”. Fatica però un po’ nel secondo atto in cui la storia ormai è svelata e si attende, trepidanti, la conclusione della vicenda. Continua, infatti, il gioco tra situazioni surreali, critica ai “padroni” e lamentele di strada che si trasformano in denunce dell’attuale crollo economico e dei suoi rischi.
Se l’attualità fosse rimasta solo come sfondo, come sottile trama nascosta tra le battute dei protagonisti, lo spettacolo ne avrebbe di certo guadagnato. Perno della piéce, invece, è l’irrinunciabile critica di Fo alla morale borghese e l’esaltazione dei valori tipici del “quarto stato”. Il finale, poi, come annunciato dallo stesso regista, è stato completamente modificato rispetto alla versione del ’74 e, dopo la chiusa della storia, i protagonisti si alternano sul palco commentando maliziosamente la situazione politica e sociale dei nostri giorni.
Una conclusione dedicata soprattutto ai passionari delle proteste contro il governo di destra, agli amanti della polemica ad ogni costo, a coloro che non si scandalizzano troppo per un teatro di parte e, naturalmente, ai cultori del grande talento scenico di Dario Fo che, nonostante le censure, riesce sempre e comunque a comunicare.
[patrizia vitrugno]


   
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