Il sogno di Ipazia
Autore: Massimo Vincenzi Adattamento:
Regia: Carlo Emilio Lerici
Scene: ---------------------
Luci: -------------------- Musica: Francesco Verdinelli
Produzione: Teatro Belli- Opere Festival 2009
Interpreti: Francesca Bianco, voce fuori campo Stefano Molinari
Anno di produzione: 2008 Genere: monologo

In scena: fino al 9 maggio al Teatro Belli di Roma | piazza Sant'Apollonia, 11a - (trastevere) | dal martedì al sabato alle 21,00 – domenica alle 17,30 | sito spettacolo |

Nel 415 d.C. ad Alessandria d’Egitto Ipazia, matematica, figlia del Rettore dell’Università della città, viene uccisa da un gruppo di monaci combattenti che applicano le regole di Cirillo nominato patriarca nel 412 d.C..
Il monologo ricostruisce la storia della matematica: la sua infanzia, la vita con gli studenti, i giorni da perseguitata perché simbolo della “vecchia Alessandria”, quella prima dell’arrivo di Cirillo, di una nuova religione, di nuovi poteri. Il testo si domanda quanto debba essere intelligente un’ideologia, sia essa religiosa o laica, per valorizzare la cultura che trova senza schiacciarla. Messaggio quanto mai attuale: il filosofo Russell diceva che viviamo in un’epoca in cui l’intelligenza è piena di dubbi e la stupidità vive di certezze.
Quello che accade in scena, come sempre, è lo scontro tra due civiltà: quella colta e pagana di Alessandria d’Egitto e quella religiosa che si afferma dopo l’editto di Costantino.
Strano contrappasso, i martiri cristiani all’inizio dell’affermazione del cristianesimo nell’Occidente erano i perseguitati, in questa storia diventano i persecutori di nuovi martiri, quelli pagani, quelli “intellettuali” di Alessandria. Ipazia, donna colta, cresciuta al sapere da un padre illuminato, dichiara: “La paura e la violenza appartengono agli uomini, non a Dio. Dio, se esiste, è amore”.
La scena è essenziale, leggii con microfoni, luci soffuse, in cui l’attrice Francesca Bianco si muove passando dalla lettura recitata di un brano all’altro. La protagonista è versatile, ha una bella presenza scenica, una voce calda. Lo sguardo cambia continuamente: teso e fuori dal tempo nella prima scena, entusiasta nel rievocare la sua infanzia, incredula e impaurita quando si sente perseguitata, dolce e sognante quando afferma il suo essere donna libera, curiosa, amante del sapere che è accogliente della diversità, mai cieco o fanatico. Il testo è ben scritto ed esprime un mondo femminile profondo e intenso.
La regia di Carlo Emilio Lerici è pulita, infonde ritmo alla lettura recitata. Molto bella la scena d'apertura, in cui l’attrice è già sul palco quando il pubblico entra. È già Ipazia, guarda il pubblico dubbiosa non sapendo se sarà o non sarà con lei. Interessante. Bravi tutti. [deborah ferrucci]