Sillabari
Autore: Paolo Poli da Goffredo Parise Adattamento:
Regia: Paolo Poli
Scene: Emanuele Luzzati Costumi: Santuzza Calì
Musica: Jacqueline Perrotin
Luci: ---------------------
Produzione: Produzioni Teatrali Paolo Poli - Associazione Culturale
Interpreti: Paolo Poli, Luca Altavilla, Alberto Gamberini, Giovanni Siniscalco Alfonso De Filippis
Anno di produzione: 2009 Genere:
In scena: fino al 24 Gennaio al Teatro Sala Umberto di Roma

Ottant’anni ma non li dimostra, anzi: sostiene che la vecchiaia può essere anche bella. Paolo Poli torna a Roma col suo ultimo spettacolo Sillabari e per due ore tiene la scena senza sentirne il peso. Vorticosi cambi di costume, siparietti comici, gag ironiche e canzonette irriverenti e caustiche sono i pezzi che compongono il puzzle dei racconti dedicati da Goffredo Parise all’Italia degli anni ’40 e ’60.
Brevi quadri della piccola borghesia italiana tra il fascismo e il boom economico che l’artista reinventa col suo ingegno, donandogli dignità drammaturgica. Quelle dipinte dal grande attore toscano sono per lo più figure grigie e un po’ malinconiche: una sfilata di personaggi dalle vicende singolari narrate con maestria e rese vive e uniche grazie anche ai costumi quasi espressionisti di Santuzza Calì. Si passa dai servitori turchi alle attempate signorine con i capelli bianchi, dalle donne fascinose alle zitelle acide, in cerca di marito, svampite e innamorate, un po’ dive sul viale del tramonto.
Il capocomico è circondato da una preziosa corte di ballerini-attori-mimi che con la loro notevole espressività corporea danno vita a piccoli teatrini, conditi dalle spiritose coreografie di Alfonso De Filippis. Le movenze e la gestualità dei quattro esuberanti danzatori - i bravi Luca Altavilla, Alberto Gamberini, Giovanni Siniscalco e lo stesso De Filippis – traggono ispirazione da quella tipica del cinema del dopoguerra.
Su tutto dominano le straordinarie scene del grande Emanuele Luzzati che, col suo tratto inconfondibile, rimescola frammenti dell’iconografia della prima metà del Novecento ispirate a De Chirico, Savinio e Morandi.
Paolo Poli è padrone di mille identità ma resta comunque sé stesso.
[patrizia vitrugno]