Scritto apposta per me


Anno
2011

Genere
monologo

In scena
fino al 29 aprile
Teatro Ambra Garbatella | Roma

Autore
Aldo Nicolaj
Regia
Massimo Di Michele
Scene
Cristina Gardumi
Costumi
Giuseppe Testa
Luci
Luca Carnevale
Musica
Stefano Switala
Interpreti
Giada Prandi
Produzione
Aut-Out

 

Tempi duri per le attrici che vogliono fare il loro mestiere senza compromessi e con famiglia al seguito. Così racconta la protagonista del monologo “Scritto apposta per me” Giulia Sottana Corta (Giada Prandi). Ma come può avere successo con un nome così? Attrice preparata, ansiosa, precaria, angosciata dalle battute da ricordare per un ipotetico provino di un film che è tutto un programma dal titolo “La Tonaca”, in cui dovrebbe interpretare Elsa, donna che non cede alle avances del prete Massimo. In scena un curioso dramma in cui vita privata e professionale si mescolano: Giulia prova la parte, apre valigie, cerca il vestito giusto anche se in realtà sono tutti uguali, telefona alle colleghe per i dettagli del provino, chiede notizie dei suoi figli alla madre, cerca il marito (attore pure lui), per sapere se la tournée teatrale sta andando bene e per accertarsi che non vada a letto con Elvira Pinocchi, attrice detta 30% per quel vezzo di fare l’amore con tutti gli attori eterosessuali: l’altro 70% no, perché gay.

Deliri tra fantasia e realtà, frustrazioni da carriere mancate e dal dover accettare ruoli in teatri umidi e poco accoglienti, lo spettacolo mostra il lato oscuro del mondo teatrale al femminile, il livore per i successi degli altri, la rincorsa continua dei provini, la ricerca del drammaturgo che le tiri fuori dal pantano con un testo «scritto proprio per loro». Anche quando fa ridere, permane la sensazione dello scacco, dell’imminente precipizio - d’altronde il melodramma è nel DNA di un’attrice - dell’occasione mancata, dell’inutile rincorsa di qualcosa che è riservato a pochi. C’è poi molta solitudine nella vita di Giulia, che amplifica le paure, professionali e umane. Il testo è articolato senza essere logorroico e Prandi è convincente: tesa nelle angosce del personaggio e morbida nelle (poche) riflessioni scanzonate.

Funziona tutto, è evidente il buon lavoro di squadra tra regia, scenografie artistiche e costumi di sartoria. Forse quello che lascia perplessi è l’eccesso ansiogeno che aleggia in tutto il monologo; persino nel finale quando si convince che la sua vita è felice, è difficile crederle. Non c’è denuncia, non c’è speranza, resta solo l’angoscia. [deborah ferrucci]