La rosa tatuata
Autore: Tennessee Williams Adattamento: Masolino D’Amico
Regia: Francesco Tavassi
Scene: Francesco Tavassi Costumi: Maria Rosaria Donadio
Musica: Luca Pirozzi
Luci: Francesco Tavassi
Compagnia: Teatro & Società Produzione: Teatro & Società
Interpreti: Mariangela D’Abbraccio, Paolo Giovannucci, Dajana Roncione, Giuseppe Pestillo, Francesco Tavassi, Maurizia Grossi, Elena Vettori, Antonietta Rado
Anno di produzione: 2009 Genere: commedia
In scena: in turnè

La stagione teatrale del Quirino chiude con La Rosa Tatuata, dramma a lieto fine, che ha come protagonista Serafina delle Rose, personaggio rimasto impresso nella memoria per l’interpretazione cinematografica di Anna Magnani che le regalò un Oscar nel 1955. Da non dimenticare anche l’incisiva versione di Valeria Moriconi del 1996, per regia di Gabriele Vacis, che portò in Italia il testo per la prima volta. Tenneesse Williams racconta alcuni aspetti della realtà americana anni Cinquanta, vissuta dagli immigrati italiani. In particolare descrive, con ironia e cinismo, la quotidianità dei siciliani in America. Serafina si ostina a seguire, come un treno su un binario, le norme comportamentali che una donna perbene, una donna del sud deve rispettare. Quando però qualcuno mette ostacoli e il treno deraglia, Serafina si rende conto che la realtà non è proprio come l’ha pensata e vissuta. L’essenza della sua vita è diversa e dovrà fare le spese con tutto ciò che non ha visto o non ha voluto vedere in nome della rispettabilità. L’amore incondizionato per il marito, l’eccessiva gelosia e ossessività verso la figlia Rosa, il bigottismo spinto fino alle estreme conseguenze la condurranno di fronte ad una scelta inderogabile: o cambiare, integrandosi ed aprendosi al nuovo mondo od isolarsi in una fredda e definitiva solitudine.
Il regista Francesco Tavassi con questo testo ha voluto mettere l’accento sul problema dell’immigrazione, che da qualche anno sta investendo l’Europa. Tavassi tenta di dare nuove risposte, nell’ottica di una società ormai multietnica in tutti i suoi aspetti. Di origine meridionale, coglie quindi l’occasione per tradurre l’affettuosa critica che Williams fece agli immigrati italiani del sud, in una ironica autocritica, confrontando il suo sguardo con quello del grande drammaturgo. Ne esce fuori un buon disegno, a volte quasi grottesco, ma chiaramente leggibile. Appassionata l’interpretazione di Mariangela D’Abbraccio, naïf ed immediata quella di Paolo Giovannucci. Le belle scene sono dello stesso regista, efficace la traduzione di Masolino D’Amico. [annalisa picconi]