Romeo e Giulietta
Autore: William Shakespeare Traduzione: Fausto Paravidino, Valerio Binasco
Regia: Valerio Binasco
Scene: Carlo De Marino Costumi: Sandra Cardini
Luci: Pasquale Mari Musica: Arturo Annecchino
Produzione: Teatro Eliseo / Compagnia Gank in collaborazione con Gloriababbi Teatro
Interpreti: Riccardo Scamarcio, Deniz Ozdogan, Antonio Zavatteri, Filippo Dini, Milvia Marigliano, Fabrizio Contri, Andrea Di Casa, Lisa Galantini. Simone Luglio, Gianmaria Martini, Fulvio Pepe, Giampiero Rappa, Nicoletta Robello, Roberto Turchetta
Anno di produzione: 2010 Genere: tragedia
In scena: Fino al 13 marzo 2011 al Teatro Eliseo di Roma

Sottrarre poesia ai versi. Aggiungere contemporaneità alle battute. Ripensare scene e costumi. Un paio di enormi occhiali neri (da nerd si direbbe oggi) sul naso di un disorientato e rauco Romeo. Voce da bimba straniera per Giulietta. E su tutto svetta la bravura dei GloriaBabbi.

Il regista Valerio Binasco ha riletto assieme a Fausto Paravidino il testo, in alcuni casi lo ha stravolto ma ha firmato uno spettacolo che contiene in sé delle piccole e preziose perle di originalità. Dal duello iniziale tra bande rivali a suon di spade alla festa all’ombra di palme luminose (in perfetto stile supercafonal), dagli spicchi di luna che incorniciano l’amore che sboccia alla morte, rigida, di Giulietta, dall’epilogo in flashback stile “CSI, scena del crimine”, agli applausi incorniciati in quadri d’autore. Binasco non si fa mancare proprio nulla: luci e scene sono al servizio della sua immaginazione che, a volte, va un po’ troppo in là, esonda e lascia perplessi. Mercuzio, interpretato da Andrea Di Casa, è un personaggio chiave, qui particolarmente estremo ma non meno intenso. Unica pecca il monologo sulla Regina Mab, riscritto in chiave “contemporanea”, che perde un po’ del suo innegabile fascino. Frate Lorenzo è uno straripante Filippo Dini, riconoscibilissimo e sempre padrone del palco, una certezza. A conti fatti i due protagonisti in realtà protagonisti non lo sono: non di certo per mancanza di spazio che, da parte, è loro concesso. Riccardo Scamarcio e Deniz Ozdogan non reggono pienamente il ruolo, trascinano la recitazione l’uno per mancanza d’arte, l’altra di padronanza della lingua.

Un’operazione che di sicuro poteva puntare ancora più in alto, discutibile per intenti e finalità ma che non si può non considerare innovativa e originale. E di sicuro non scarsamente coraggiosa. [patrizia vitrugno]


| edizione 2012 |