Roman e il suo cucciolo
Autore: Reinaldo Povod Traduzione e adattamento:Edoardo Erba
Regia: Alessandro Gassman
Scene: Gianluca Amodio Costumi: Helga H. Williams
Luci: Marco Palmieri Musica: Pivio & Aldo De Scalzi
Produzione: Società per Attori / Teatro Stabile Abruzzo

Interpreti: Alessandro Gassman, Manrico Gammarota, Sergio Meogrossi, Giovanni Anzaldo, Matteo Taranto, Natalia Lungu, Andrea Paolotti

Anno di produzione: 2010 Genere: drammatico
In scena: fino al 17 aprile al Teatro Quirino di Roma

Amare un figlio e volerlo proteggere. Amare un figlio e desiderare che la sua vita sia migliore. Amare un figlio ed esigere rispetto e dedizione. Amare però anche se stessi, la propria storia, le proprie origini al punto da non vedere altro, da non capire cosa succede nella propria casa, da non accorgersi che quel figlio in realtà è un estraneo. Si aggiunge uno zio-amico fraterno in ciabatte, perennemente davanti alla tv che accende come un cane rabbioso e spegne gettando acqua sul fuoco. Discussioni-iperbole su ciò che è stato o su quel che sarà. Personaggi rinchiusi in una casa-garage: buia, sporca, polverosa. Umanità distratte e distrutte, appese a un filo sottile che vivono di espedienti, ma che sognano una nuova vita per il “cucciolo”.

Alessandro Gassman è Roman, un romeno in canottiera e abiti griffati, che vive a Roma da anni. Il figlio Cucciolo (la bella rivelazione Giovanni Anzaldo), è il suo mondo: vi concentra il futuro, sarà lui che segnerà il definitivo riscatto di una vita vissuta fra traffici illeciti e amicizie discutibili, in una casa frequentata da sadici papponi (come lo strabordante Matteo Taranto) e tenere prostitute (simboleggiate dalla delicata Natalia Lungu). Tra di loro Geco (un Manrico Gammarota un po’ troppo urlato) che nel suo pugliese esagerato fa da ponte tra Roman e il figlio. Geco urla, gesticola, è eccessivo in tutto, anche nei sentimenti: fra i tre c’è un legame speciale, un patto tra uomini, un “amore” a loro modo sincero.

Alessandro Gassman costruisce uno spettacolo duro, forte, difficile da digerire. Una storia attuale, quindi ancora più drammatica. La tensione è sempre alta, tocca sentimenti conosciuti: la paura del diverso, l’amore per i figli, l’impotenza di fronte agli scherzi del destino. E proprio uno scherzo è Che, l’amico tossico ma poeta, uno straordinario Sergio Meogrossi che ha in sé quell’apatia tipica di chi guarda la vita dal di fuori, l’estraneità dei cosiddetti paradisi artificiali, e quella scaltrezza di chi in questo mondo sa che è necessario lottare per sopravvivere.

Un climax ascendente che purtroppo perde un po’ della sua forza nel finale: incomprensibilmente lungo. [patrizia vitrugno]