La resistibile ascesa di Arturo Ui
Autore: Bertold Brecht Traduzione: Mario Carpitella
Regia: Claudio Longhi
Scene: Csaba Antal Costumi: Gianluca Sbicca
Musiche originali: Hans-Dieter Hosalla Luci: Paolo Pollo Rodighiero
Compagnia: Teatro di Roma Produzione: Teatro di Roma
Interpreti: Umberto Orsini, Nicola Bortolotti, Simone Francia, Olimpia Greco, Lino Guanciale, Diana Manea, Luca Micheletti, Michele Nani, Ivan Olivieri, Giorgio Sangati, Antonio Tintis
Anno di produzione: 2011 Genere: dramma
In scena: turnè

Scritto nel 1941 da Bertolt Brecht mentre era in esilio in Finlandia e prossimo all'arrivo negli Stati Uniti in California, "La resistibile ascesa di Arturo Ui" "rappresenta il tentativo di spiegare al mondo capitalistico l'ascesa di Adolf Hitler, trasponendola in circostanze a quel mondo familiari”, racconta il regista Claudio Longhi.

La scena è spostata a Chicago. Il rampante gangster Arturo Ui altro non è che Hitler e la storia è quella della sua rampante salita al potere e delle macchinazioni per conservarlo e preservarlo. Una buffa e mordace parabola satirica sulla corruzione del potere, una «farsa storica» come la definì il suo autore. L'opera venne messa in scena con tutte le caratteristiche del teatro militante di Brecht: recitato e cantato si avvicendano attraverso giunzioni ben evidenti e sottolineate. In un'allegoria violenta, comica, grottesca, surreale di un pezzo drammatico della nostra storia. Umberto Orsini è un immenso Arturo Ui, che si presenta come un Riccardo III deforme nell'anima più che nel fisico. Al suo fianco una compagnia giovane e talentuosa che a tinte forti su una scena contestualizzata da pochi e significativi elementi, disegna con toni pastosi vicende e personaggi.

Le scene di Antal Csaba disegnano il vuoto del palcoscenico aprendolo ai grandi spazi; viene poi chiuso in ambienti logori e decadenti attraverso moduli neutri che, illuminati dalle luci di Paolo Pollo Rodighiero, costruiscono i diversi quadri emotivi della pièce. La regia è rigorosa, asciutta, capace di sfruttare ogni singolo spazio del teatro ospitante, invadendo la platea, rivolgendosi ad essa e rendendola partecipe/complice.Una farsa tragica, quella in scena in questi giorni al Teatro Argentina di Roma, che nelle intenzioni del regista è “una lucida parodia delle violente (s-)ragioni della borghesia capitalistica di irresistibile (quanto agghiacciante) comicità”. [fabio melandri]