Autore
Italo Calvino
Regia
Orlando Forioso
Scene
Fabiana Di Marco
Costumi
Graziella Pera
Luci
Luca Palmieri
Coreografie
Musica
Mario Modestini 
Realizzate in vista del ciclo di conferenze da tenere all’Università di Harvard, “Le lezioni americane” di Italo Calvino (1923 – 1985) rappresentano l’estrema, incompiuta fatica dell’ultimo classico della nostra letteratura novecentesca. Leggerezza, Rapidità, Esattezza, Visibilità e Molteplicità sono le cinque proposte per il nuovo millennio che lo scrittore avrebbe declinato nel corso delle Norton Lectures, le lectio magistralis che il più prestigioso tra gli atenei d’Oltreoceano è solito affidare ai grandi della cultura internazionale, da TS Eliot a Igor Strawinsky, da Jorge Luis Borges a Octavio Paz.

A Novanta anni dalla nascita di Calvino, Giorgio Albertazzi ripropone lo spettacolo-conferenza dedicato alla Leggerezza che una decina di anni fa raccolse una pioggia di consensi sia in Italia che in Francia, dove l’autore di “Palomar” visse per molti anni. Affiancato da una giovane assistente e da una violoncellista che introduce lo spettacolo sulle note di Bach e di Strauss, il decano degli attori italiani veste i panni del conferenziere alla ricerca di esempi letterari che diano un senso alla leggerezza, come valore da contrapporre al peso della vita contemporanea.

Dal mito di Perseo al “De Rerum Natura” di Lucrezio, da Guido Cavalcanti al “Piccolo Testamento” di Eugenio Montale, da “L’insostenibile Leggerezza dell’essere” di Milan Kundera al “Cavaliere del secchio” di Kafka, Albertazzi conduce la platea alla scoperta del fiore della letteratura e, come ogni grande mattatore, regala allo spettatore i suoi cavalli di battaglia: il monologo sull’amore da “Le memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenar; “La pioggia nel pineto” di Gabriele D’Annunzio; Il “Canto V” dell’Inferno di Dante Alighieri; il monologo di Amleto dall’opera di William Shakespeare. Nel frattempo sullo schermo che sormonta la scena scorrono le immagini di alcuni successi dell’attore, come la scena del ballo di “L’anno scorso a Marienbad” di Alain Resnais, Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia 1961.

A 90 anni suonati, Albertazzi resta l’attore più rappresentativo della sua generazione. Alle prime lievi difficoltà di movimento fa da contrappunto una lucidità prodigiosa, condita da più di uno spunto sottilmente autoironico che emerge anche durante un’interpretazione da manuale come quella de “La pioggia nel pineto”. Il maestro è affiancato, per tutta la durata dello spettacolo, da una Stefania Masala meno incisiva che in altre occasioni e dalla giovane violoncellista romena Anca Pavel, molto a suo agio con la musica da camera. La regia di Orlando Forioso, che ha curato l’attualizzazione dell’opera inserendovi le devastazioni dei primi anni del nuovo millennio come gli attentati alle Torri Gemelle, sembra concepita per lasciare il massimo della libertà al talento di Albertazzi. La scena è frutto di un gusto piuttosto minimalista, eccezion fatta per la pila di libri colorati inserita sotto la scrivania del professore e alcune tele poste alla rinfusa sul palco. Interessante l’espediente di far scorrere le parole chiave di alcune opere citate sullo schermo gigante posto alle spalle degli attori, come a volerle sottolineare con l’evidenziatore. Discreto l’uso delle luci, mentre il suono risulta da perfezionare. L’impressione, al termine dello spettacolo, è quella di aver assistito alle evoluzioni di un fuoriclasse, leggero come un uccello che si libra nell’aria. [valerio refat]

Interpreti
Giorgio Albertazzi
Produzione
Ghione Produzioni
In scena
fino al 17 Novembre al Teatro Ghione | Roma
Anno
2000
Genere
monologo