Lev
Ideazione: Glen Blackhall, Riccardo Fazi, Claudia Sorace, Massimo Troncanetti
Regia: Claudia Sorace
Scene: Massimo Troncanetti Costumi: Fiamma Benvignati
Drammaturgia-suono: Riccardo Fazi
Produzione: Muta Imago, ZTL-pro/Santasangre – Kollatino Underground
Interpreti: Glen Blackhall, Irene Petris (canto), Marco Guazzane (pianoforte)
Anno di produzione: 2008 Genere:
In scena: Teatro Palladium, Roma, 7/9 novembre 2008; in turnè

Romaeuropa prosegue il suo lavoro di valorizzazione delle giovani compagnie romane. E’ il turno dei Muta Imago, giovane realtà nata nel 2004 con all’attivo una mezza dozzina di spettacoli. Lev (già presentato in numerosi festival estivi), nasce da una riflessione su una vicenda sinistra: Lev Zasetsky, luogotenente dell’Armata Rossa, viene colpito in battaglia da un proiettile alla testa. La ferita gli provoca irreversibili lesioni al cervello e la totale perdita di memoria. Per ricostruire il suo passato va in cura da un neuropsichiatra che nel 1972 ne pubblicherà le memorie. Lo spettacolo Lev parte da qui.
L’inizio è folgorante: attraverso elementi scarni (sabbia, tre pannelli in plexiglass, tre lampade) e un sofisticato gioco di luci e immagini, l’unico attore in scena (un dinamico Glen Blackhall) ci trasporta subito nell’incubo di Lev. “Riuscite a sentirmi” sono le prime parole pronunciate da una voce fuoricampo (quella del dottore). Questi elementi, che si muovono sulla scena grazie agli spostamenti di Blackhall, compongono l’intera scenografia e accentuano l’anomalia dei Muta Imago: sapiente utilizzo della tecnologia, unita all’utilizzo di elementi scenici apparentemente molto semplici.
Lo spettacolo è una continua trovata; si vede Lev che scrive e disegna sui pannelli sabbiosi ciò che lo aiuta a ricostruire la sua vita e ad esternare la sua condizione: una casa, la frase “Prima di addormentarmi” e altro. Questi disegni, che richiamano graffiti preistorici, creano effetti visivi grazie alle luci e ai video proiettati dal retro. Ma la trovata più poetica, il momento più emozionante dello spettacolo avviene in seguito: sulla sabbia lanciata in aria da Lev, viene proiettata la silhouette di una ballerina che danza sulle note della registrazione di un pianoforte. Si tratta del ricordo della moglie Anna. Visionario il finale: una corsa folle di Lev che si eleva grazie a una corda, dal retro un fascio di luci accecante fa entrare in scena gli spettatori grazie a uno stordimento visivo che fa rivivere lo stesso stordimento cerebrale del protagonista.
Con questo spettacolo i Muta Imago per la prima volta si confrontano con un testo già scritto (The Man with a Shattered World: The History of a Brain Wound del neuropsichiatra Alexander Lurja, medico di Lev), riuscendo a dare maggiore teatralità alla loro fantasia tecnica, anche grazie all’efficace drammaturgia e al suono ossessivo di Riccardo Fazi. Storia e memoria si fondono: mentre va in scena il delirio e l’angoscia di Lev, si sentono echi dalla radio relativi alle navicelle spaziali Sputnik.
Un unico neo: lo spettacolo è complesso e ricco di contenuti ma è assolutamente necessario uno studio precedente per apprezzarlo al meglio nei suoi innumerevoli richiami. Si percepiscono lo spaesamento e l’incubo cerebrale di Lev, ma le tematiche legate alla storia e alla memoria non emergono nella loro interezza. L’arte contemporanea è anche questo: ricerca, studio e contestualizzazione. Dopo Santasangre ecco Muta Imago, la nuovissima scena teatrale, la più ambiziosa e tecnologica passa da Romaeuropa Festival.
[simone pacini]

 

| trailer | muta imago |