Karenina, prove aperte di infelicità


Anno
2011

Genere
dramma

In scena
20-21 aprile
Teatro Biblioteca Quarticciolo| Roma

Autore
Emanuele Trevi,
Sonia Bergamasco
Adattamento/Traduzione
-
Regia
Giuseppe Bertolucci
Interpreti
Sonia Bergamasco
Produzione
Teatro Franco Parenti – Sonia Bergamasco

 

“I personaggi narrativi migrano, quando hanno fortuna, da testo a testo”, ha scritto Umberto Eco. E così in questo “Karenina, prove aperte di infelicità” Sonia Bergamasco ed Emanuele Trevi raccontano l’immortalità di questa entità della letteratura, che vive a prescindere dalle pagine del romanzo. Ma al contempo il testo teatrale propone il tormento e l’estasi vissuti da Tolstoj prima di arrivare alla creazione definitiva di “Anna Karenina”.
Dilaniato per tutta la vita tra la sensualità del temperamento e l’ipersensibilità della coscienza, il conte Lev, sdraiato sul divano, vede un “nudo gomito femminile di un elegante braccio aristocratico”; è perseguitato da quell'immagine, al punto da doverne creare un'incarnazione.
Da quel gomito inizia il viaggio di Sonia Bergamasco, figura maestosa e altera che da sola porta in scena l’angoscia dello scrittore che insegue la sua eroina, il dramma della moglie Sofia, relegata a latere come confidente e spettatrice impotente, ma la Bergamasco è soprattutto la Karenina, prima ancora che si chiamasse Anna Karenina.
Quel gomito aristocratico - illuminato sapientemente da Cesare Accetta e da un disegno luci che svolge la funzione di montaggio narrativo -, si chiama Tatiana, oppure Anastacia; solo in ultimo prenderà il nome di Anna. Un personaggio che evolve, che Tolstoj insegue e che, una volta trovato, si emancipa dall'autore.
Ma la Bergamasco, nel frattempo, porta in scena anche il dramma di questa eroina immortale, attraverso un pianoforte, unico elemento scenografico presente in scena accanto a due sedie. Lo strumento non solo viene suonato, ma diventa podio su cui recitare ed è aperto, a cercare l’anima della protagonista. Il pianoforte alter ego viene violato, come violata è l’anima di Anna; si fa tomba e raccoglie il corpo di Anna, come tomba è la sua anima, sensuale e inappagata.
Ed è tutta intorno al piano-anima la tragedia di questa donna, schiava delle passioni e dell'amore tutto carnale per Vronskji. Il conte Alekseji Vronskji: basta nominarlo perché la scena vibri come vibra il cuore della protagonista nel vederlo; il piano viene scoperchiato e Anna è perduta, per sempre. Alla fine quel che resta, nel nero e oro dominanti della scena, non è che quel gomito da cui tutto ha avuto origine. Giuseppe Bertolucci dirige in modo impalpabile, lasciando alla Bergamasco la possibilità di esprimersi con ogni parte di se stessa: suonando il pianoforte, modulando la voce e la recitazione, ma soprattutto attraverso il corpo, presente e possente, elemento teatrale imprescindibile, capace di riempire di sé tutto il palcoscenico.

[francesca romana buffetti]