Kafka
Autore: dai Racconti e i Diari di Franz Kafka
Regia: Gabriele Linari
Fonica, luci: Flavio Tamburrini
Produzione: Compagnia Teatrale LABit
Interpreti: Simona Forlani, Guido Governale, Andrea Vaccarella
Anno di produzione: 2008
In scena: in turnè

A distanza di cinque anni il regista Gabriele Linari e la sua compagnia LABit tornano ad indagare l’universo di Franz Kafka. Dopo Lettera al padre, adesso è la volta di uno spettacolo che riassume in toto l’universo kafkiano, prendendo spunto dai racconti e dai diari dello scrittore ceco. Mentre il primo era un monologo del regista, in questo Linari lascia spazio a tre attori.
Lo spettacolo è diviso in otto scene che risaltano il lavoro di ricerca della compagnia, nel quale si percepiscono i temi propri dello scrittore praghese: lo spaesamento e l’alienazione dell’individuo, il paradosso e l’angoscia delle situazioni. Le scene, che spaziano dal monologo al teatro-danza, hanno l’unico difetto di essere scollegate tra loro, senza riuscire a coinvolgere del tutto lo spettatore in un continuum drammaturgico.
Per il resto, alcuni momenti sono realmente poetici: in particolare la danza a tre con i giochi di braccia che sembrano avvolgere gli spettatori e la scena dei tavoli, sopra ai quali mani ansiose si rincorrono e si scontrano. In questi due momenti, sottolineati dagli applausi del pubblico, le luci integrano i movimenti degli attori creando atmosfere davvero kafkiane. C’è da dire che questo successo delle luci non permane per tutto lo spettacolo: sia all’inizio che alla fine, la scena è avvolta da una specie di penombra che non aiuta ad esaltare i gesti e i volti.
Tra gli attori emerge per credibilità e potenza scenica Simona Forlani, che attraverso una presenza affannata ed erotica e i movimenti ginnici e isterici delle gambe, della testa e delle braccia, richiama puntualmente l’opera di Egon Schiele. Le donne dipinte dall’artista austriaco sono infatti l’altro riferimento per il regista, che ha così trovato un alter ego visivo a Franz Kafka. Schiele e Kafka come ispirazione colta di uno spettacolo che riesce, soprattutto nel finale (quando vengono affrontate due delle opere più importanti dello scrittore ovvero Il processo e La tana), a far rivivere il disagio interiore dell’uomo europeo di inizio secolo prossimo alle sciagure del nazismo e della guerra.
[simone pacini]