Arturo è un robot, l’esperimento di un ingegnere informatico che lo ha creato con fattezze femminili.
L’essere meccanico è realizzato talmente bene da venir scambiato per una donna vera, creando equivoci e malintesi e colorando la vita un po’ grigia sia del suo Pigmalione che delle persone con le quali condivide l’appartamento: la fidanzata, il coinquilino e il vicino di casa. Arturo si integra talmente bene nella sua nuova vita, da sfuggire al controllo del suo stesso creatore ed iniziare ad avere una vita propria, animato da sentimenti che lo avvicinano molto a quelli di un essere umano.
Io, Arturo è uno spettacolo pieno di buona volontà ed impegno anche se ci è apparso ai limiti del dilettantismo con grosse lacune drammaturgiche, che non permettono il raccordo dei nessi logico-temporali. Discorso valido anche per la staticità dei personaggi, che poco fa pensare ad una commedia musicale. Il tutto è confermato da balletti sporadici e poco integrati con la vicenda.
Apprezzabili le prove canore, ma non sufficienti a colmare la generale approssimazione dello spettacolo, che in alcune parti risulta scontato e pleonastico. Adeguate le luci, così come alcuni interventi musicali. [a.p.]