Le invasioni barbariche
Autore: Denys Arcand
Traduzione: Attilio Corsini
Regia: Attilio Corsini
Scene: Uberto Bertacca
Luci: Emiliano Baldini
Costumi: Isabella Rizza
Musica: Arturo Annecchino
Compagnia: Compagnia Attori & Tecnici
Interpreti: Attilio Corsini, Viviana Toniolo, Stefano Altieri, Annalisa Di Nola, Stefano Messina, Massimiliano Franciosa, Annalisa Favetti 
Anno di produzione: 2008 Genere: drammatico
In scena: fino al 3 febbraio al Teatro Vittoria - Roma
E' una scenografia scarna e una luce bianca, ospedaliera, ad offrirsi allo spettatore appena iniziate Le invasioni barbariche, adattamento teatrale del pluripremiato film di Denys Arcand, al Teatro Vittoria di Roma fino al 3 febbraio.
Attilio Corsini è un convincente Remy, professore colto e amante delle donne, che scopre di avere il cancro. In ospedale è solo, abbandonato da tutti, tranne qualche amante che lo tormenta per il suo libertinaggio giovanile. Solo grazie all’interessamento della sua ex moglie, si stringono al suo capezzale il figlio, capitalista di successo, e i vecchi amici.
Lentamente, col procedere della storia, le luci si ammorbidiscono e il bianco luttuoso che accoglie i pazienti della sanità pubblica si trasforma nella tinta elegante dei divani di pelle che il figlio fa sistemare nella stanza a pagamento.
Tra pannelli mobili, che rendono la scena in continuo movimento, e filmati, proiettati a gettar luce nell’io profondo del protagonista, del suo passato, dei suoi sogni, delle sue paure, la storia procede leggera verso l’ineluttabile finale: un’ultima cena a cui tutti i personaggi partecipano, in un turbinio di colori sgargianti e frizzanti dialoghi, a salutare Remy. I nuovi barbari, di cui il figlio costantemente attaccato al cellulare è un esemplare, hanno vinto; la nuova civiltà sta spazzando via la vecchia e Remy, che come i suoi amici ha creduto nelle ideologie novecentesche, che al computer risponde leggendo un libro, dopo una vita trascorsa combattendo con la cultura chi voleva imbarbarire il mondo, deve piegarsi ai soldi del figlio, ad attendere una mail della figlia in viaggio nel Pacifico, a riconoscere che i suoi vizi e i suoi eccessi hanno tenuto lontano tutti i suoi affetti.
Cinico e drammatico, lo spettacolo tocca le corde della commozione, ma non si dimentica che anche nei momenti più cupi basta una frase per far sorridere. Tratta argomenti attuali come quello della droga, da usare per fini terapeutici, dell’eutanasia, della corruzione e della mala sanità, eppure, malgrado la tristezza che accompagna la fine, è un canto alla vita stessa e un inno alla giovinezza.
Un’ora e mezza di sferzanti battute sulla ferocia del genere umano, sull’imbarbarimento del nostro tempo, sull’insofferenza di chi avrebbe voluto costruire un mondo migliore, e insieme un atto d’amore nei confronti della vita per uno spettacolo che il regista voleva di una leggerezza e un’ironia degna di Cechov. Applausi ad Attilio Corsini, che circondato da ottimi attori, è riuscito nel suo intento. [francesca romana buffetti]