L'ingegner Gadda va alla guerra
Autore: Carlo Emilio Gadda, William Shakespeare
Regia: Giuseppe Bertolucci
Scene: Costumi:
Luci: Cesare Accetta Musica:
Produzione: Teatro delle Briciole Solares Fondazione delle Arti
Interpreti: Fabrizio Gifuni
Anno di produzione: 2010 Genere: monologo
In scena: Fino al 14 novembre al Teatro Valle di Roma

Torna il teatro civile. Fabrizio Gifuni torna al teatro Valle e lo fa presentando, raccontando e interpretando testi che permettono sia di mettere in evidenza la sua bravura recitativa, sia di uscire dalla sala in uno stato di inconsapevole lucidità. Ne è un esempio “L'ingegner Gadda va alla guerra (O della tragica istoria di Amleto Pirobutirro)", in scena fino al 14 novembre. Qui, come in "'Na specie de Cadavere lunghissimo" che torna dopo 5 anni a ridisegnare gli spazi del Valle dal 17 al 21 novembre, l'attore è diretto e manovrato da Giuseppe Bertolucci. Sul palcoscenico Gifuni è solo: ad aiutarlo nell'analisi della Prima Guerra Mondiale per arrivare fino all'era mussoliniana c'è solo una sedia. La trasformazione attoriale avviene attraverso l'utilizzo degli essenziali costumi: stivali marziali, una giacca borghese e in evidenza la tipica maglia verde militare.

Ma se per tre quarti dello spettacolo la platea cerca di immedesimarsi in quello che oramai può definirsi un passato lontano, nell'ultima parte è il presente, inaspettatamente, a prendere il sopravvento. Con la classica verbosità e ricchezza espressiva gaddiana (che mette a dura prova un seppur partecipativo e consapevole Gifuni), il testo e l'attore creano uno scarto tra passato e presente che lascia increduli. Con uno scarto recitativo imponente, il protagonista 'esce' dalla parte, strania lo spettatore diventando se stesso e insieme Gadda: Gifuni crea una cesura netta con il testo interpretato fino a quel momento e spiega, con lucidità e minuzia linguistica cosa si nascondeva dietro la politica di Benito Mussolini. Alla fine resta l'immagine dei tacchi. Negli applausi appare un Gifuni sfinito, prosciugato ma appagato. A volte una recensione non serve. Bisogna provare per credere. [valentina venturi]