Un giorno d'estate
Autore: Jon Fosse Adattamento: Valerio Binasco
Regia: Valerio Binasco
Scene e luci: Nicolas Bovey Costumi: Sandra Cardini
Produzione: Teatro Eliseo in collaborazione con Fondazione Teatro Stabile di Torino
Interpreti: Sarà Bertelà, Elena Caligari, Fabrizio Contri, Federica Fracassi, Emiliano Masala
Anno di produzione: 2008 Genere: drammatico
In scena: fino al 7 dicembre al Piccolo Eliseo Patroni Griffi di Roma

Jon Fosse e Valerio Binasco sono assieme per la terza volta. Dopo Qualcuno arriverà e La notte canta, è il momento di Un giorno d’Estate che ha debuttato l’11 novembre al Teatro Piccolo Eliseo Patroni Griffi di Roma in prima nazionale. Binasco sceglie ancora la tenerezza dei personaggi di Fosse, scrittore norvegese considerato da molti l’erede di Ibsen.
Quella raccontata è la storia di un amore che vorrebbe essere assoluto e totalizzante: una coppia di amanti (interpretata da Sara Bertelà ed Emiliano Masala), sceglie il distacco dal caos della società, consacrandosi a una vita in cui il binomio “Io e Te” sia autarchico. La ricerca della felicità, che può essere raggiunta solo attraverso l’amore, l’unica cosa per cui valga la pena vivere, finisce per rivelare però solo un grande isolamento. I personaggi sono fondamentalmente soli e la malinconia è sempre dietro l’angolo, pronta a ingoiare ogni speranza di appagamento. Nel fiordo isolato in cui abitano, il progetto vedrà la sua fine e l’idillio sarà rotto per sempre.
In una scena minimalista, gli attori si muovono in un andirivieni di passato e presente: il flusso dei ricordi procede scansionato da lunghi monologhi della donna da anziana, un‘intensa e rassegnata Elena Callegari che fissa dalla finestra il mare, lo stesso che tanti anni prima le aveva portato via l’uomo che amava. La finestra è il punto di congiunzione tra ieri e oggi, il mare non si vede ma è l’origine e la fine di tutto.
Tutto sembra sospeso, nell’attesa che qualcosa accada. La tragedia che si compie si legge gradualmente negli occhi della donna che sa, ma che non vuole accettare. La speranza resta sempre vigile, come lo sguardo che si perde al di là della finestra. L’angoscia della fine e l’incertezza sul futuro sono resi da una recitazione monocorde, senza enfasi, che caratterizza l’intera compagnia. Nessuno degli attori compie gesti plateali, anche il dolore è vissuto con grande dignità.
L’allestimento è curato fin nei minimi dettagli: siamo di fronte, senza dubbio, a uno spettacolo di qualità. Tuttavia non ci sono elementi di spicco o idee particolarmente brillanti. È come se tutto si svolgesse su una retta, che sappiamo essere dritta e che non possiamo definire piatta. Lo spettacolo di Binasco è così: procede senza scossoni, senza picchi. Ma alla fine, ed è questo il suo merito, lascia una sensazione di angoscia, di melanconia. La stessa di cui sono vittima i protagonisti.
[patrizia vitrugno]


   
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