I fili di Penelope
Autore: Tiziana Scrocca Adattamento:
Regia: Chiara Casarico
Scene: Franca D’Angelo Costumi:
Musica: Roberto Mazzoli
Coreografie: Fabrizio Angelini
Compagnia: Produzione: IlNaufragarMèDolce
Interpreti: Tiziana Scrocca
Anno di produzione: 2009 Genere: dramma
In scena: : fino al 20 Settembre al Teatro Dell’Orologio di Roma, Sala Gassman | Via de Filippini 17a, Roma | tel. 06.68392214 info@teatroorologio.it

Fino al 20 Settembre è in scena al Teatro Dell’Orologio I Fili di Penelope, scritto e interpretato da Tiziana Scrocca. Penelope mitica regina di Itaca fila la tela senza sosta, da sola, per ingannare il tempo nell’attesa del ritorno del suo sposo Ulisse.
Tesse la tela, che disfa ogni notte, perché solo così può raccontare ed immaginare le imprese di Ulisse, solo così può mantenerlo in vita e dare un senso alla sua esistenza, alla bellezza che sfiorisce e alla promessa del ritorno. Tesse con pazienza il mantello, si tiene impegnata e finché sarà intenta il tempo le siederà accanto, si fermerà per ascoltare le gesta da lei narrate. E così il mantello dell’eroe, diviene il testo su cui scrivere la storia, un libro che ogni giorno cambia volto: il teatro della battaglia, la nave che si perde tra i flutti impetuosi scatenati dall’ira di Poseidone, il gorgo mortifero di Scilla e Cariddi o la benigna ospitalità dei Feaci.
Penelope tesse senza sosta immaginando gli eventi che trattengono il suo re, inventando le mille peripezie e le donne che lo hanno accolto, dando ogni sera una spiegazione diversa del perché Ulisse non sia ancora tornato. Ma Penelope sa che Ulisse tornerà e perciò continua a tessere e disfare: fin quando lui non giungerà a casa, la storia non sarà finita. Accanto a lei una sedia, vuota, su cui si siede il tempo, o la solitudine notturna che l’assedia e tormenta, la sedia su cui l’eroe, tornato poggerà le sue stanche membra.
La credevano pazza, o forse troppo saggia, ma Penelope aveva ragione: Ulisse ritorna, solo che non è l’eroe tanto atteso, è un sopravvissuto alla guerra svuotato e sfibrato, smunto ed emaciato, che non vuole raccontare.
Ecco perché Penelope continua a narrare le sue gesta sulla tela: perché la memoria deve restare, sarà pur accaduto qualcosa che i posteri devono conoscere, perché la guerra è orribile e non va dimenticata.
I Fili di Penelope è un testo pluripremiato intriso di impegno civile. Come accade in un racconto orale anche il linguaggio è schietto, semplice ed incalzante, fatto di ripetizioni e di gesti che scandiscono e sottolineano la drammaticità della narrazione; allo stesso modo la musica è parte integrante della vicenda, ne sillaba ogni minuscola sfumatura e ne ritma la tensione drammatica.
Su un palco spoglio, dominato sul fondo da una pesante ragnatela di fili, Tiziana Scrocca si trasfigura in Penelope, l’emblema dell’attesa, la sua sapiente pragmaticità non racconta imprese leggendarie che glorificano l’eroe ma le inestricabili traversie del genere umano che lotta, cade, si rialza e ritorna, la cui necessaria memoria viene incastona tra i nodi della tela. [paola di felice]