Il Dio conteso
Autore: Adriana Martino da testi di Küng, Yeoshua, Schäfer, Calimani, Caffiero, Arendt, Nietzsche, Freud
Regia: Adriana Martino
Scene: Anna Aglietto Costumi: Anna Aglietto
Luci: Musica: Benedetto Ghiglia
Produzione: L'Albero Teatro Canzone
Interpreti: Antonino Iuorio, Valentina Martino Ghiglia, Bruno Viola, Fabrizio raggi, Fabrizio Bordignon
Anno di produzione: 2011 Genere: drammatico
In scena: dal 15 al 27 marzo al Teatro dell'Orologio di Roma

"Il Dio conteso" più che uno spettacolo teatrale è un dibattito intellettuale. Un excursus filosofico sulle ragioni storiche dell'ebraismo, la diaspora, l'esodo, le persecuzioni e il conseguente intreccio con la nascita del cristianesimo. Dal libro di Esther della Bibbia alle tesi di Freud, passando per un dialogo con il filosofo Spinoza, fino alla discussione sulle teorie di Nietzsche. La religione viene discussa quale necessità iniziale dell'uomo, quale creazione monoteistica, con le successive differenziazioni tra ebraismo e cattolicesimo.

I cinque attori in scena conversano in una sequenza di scene intervallate dal buio, utilizzando gli oggetti di scena per creare nuovi luoghi e architetture: l'esposizione teatrale della costruzione del pensiero umano.

La regia di Adriana Martino è armoniosa, accurata, con pause e silenzi ben dosati, spesso più efficaci dei dialoghi. Il problema risiede nel linguaggio: il teatro si presta a fatica ad uno spettacolo così razionale, di testa, che non arriva alle emozioni dello spettatore, distratto dalle troppe parole, dalle troppe architetture del pensiero. Non si sogna, non si soffre, non ci si emoziona, non si partecipa.

Valentina Martino Ghiglia, attrice talentuosa e sensibile, sceglie l'interpretazione sarcastica, "il ghigno", quando interpreta il brano di Hanna Arendt. Peccato. Affrontare il problema religioso non è semplice, la questione ebraica è una sfida e si rischia di inveire contro la "banalità del male", per parafrasare il famoso libro della Arendt, senza trovare uno spiraglio di luce, una speranza. Un tema così importante non può essere solo un dialogo speculativo: andrebbero affrontati i bisogni primari dell'uomo, che ci sono ancora, nonostante il fiume di parole.

[deborah ferrucci]