Il berretto a sonagli
Autore: Luigi Pirandello
Regia: Giuseppe Dipasquale
Scene: Antonio Fiorentino Costumi: Elena Mannini
Luci: Franco Buzzanca Musica: Gustav Mahler
Compagnia: Teatro Stabile di Catania, Teatro Biondo Stabile di Palermo

Interpreti: Pino Caruso, Magda Mercatali, Loredana Solfizzi, Dely De Majo, Giovanni Guardiano, Emanuela Muni, Enzo Gambino, Giada Colonna

Anno di produzione: 2010 Genere: drammatico
In scena: fino al 13 marzo 2011 al Teatro Quirino di Roma

Rappresentata per la prima volta in lingua italiana a Roma nel 1923, dopo una lunga gestazione che aveva imposto l’abbandono del dialetto siciliano e un sostanziale rimaneggiamento del testo, “Il berretto a sonagli” racchiude in sé gran parte delle tematiche pirandelliane. Descrive il rapporto tra verità e pazzia, vissuto attraverso un’inestricabile molteplicità di punti di vista, rimarcati attraverso una riuscita gamma di soluzioni sceniche.

All’interno di un palazzo aristocratico di una piccola cittadina siciliana, durante l’ultimo scorcio degli anni Dieci, Beatrice scopre il tradimento perpetrato ai suoi danni dal marito, il potente Cavalier Fiorica, e ignorando la voce della ragionevolezza incarnata dall’anziana governante Fana, decide di denunciare per adulterio il consorte assieme alla presunta amante, giovane moglie di Ciampa, segretario particolare del Cavaliere. Quando Ciampa viene convocato da Beatrice che gli ordina di partire per un improvviso viaggio d’affari, nell’uomo inizia a farsi strada il sospetto del tradimento. Messo alle strette, egli non può fare altro che prospettare a Beatrice gli effetti nefasti che possono nascere dalla disarmonia delle tre corde che regolano il comportamento umano: la pazza, la seria e la civile. Il ritorno dalla missione di Ciampa, informato dello scandalo scoppiato in seguito all’arresto dei due adulteri, provoca una sorta di cortocircuito decisionale nei personaggi che affollano il palazzo. Per scrollarsi di dosso il berretto a sonagli del disonore, l’uomo dovrebbe uccidere la consorte e il suo amante ma, come spesso accade nel teatro di Pirandello, la follia si rivela l’asso nella manica per tacitare ogni scandalo. La scena si chiude con Beatrice abbandonata da tutti che urla e si dibatte in un’enorme ragnatela.

La rivisitazione dell’opera elaborata da Giuseppe Dipasquale, direttore dello Stabile di Catania, si snoda in una pluralità di prospettive create dal movimento di una panchina posizionata su di una piattaforma che gira sulle note della Decima Sinfonia di Gustav Mahler. Gli interni barocchi del palazzo aristocratico sono metodicamente rischiarati da una luce che sembra brillare anche di notte. Mentre la voce dei personaggi a tratti viene distorta in un gioco di rimbombi e di echi. La prova di Pino Caruso nei panni di Ciampa appare notevole, anche per il tono dimesso che lo discosta dai grandi che, come Salvo Randone, hanno interpretato il personaggio in passato. Il piglio meditabondo, la pedanteria che si intensifica ad ogni ragionamento, conferiscono a Ciampa un’impronta decisamente pirandelliana, che lo rende vittima delle fatalità della vita
. [valerio refat]