V per Vendetta
V for Vendetta
Regia
James McTeigue
Sceneggiatura
Andy Wachowski,
Larry Wachowski
Fotografia
Adrian Biddle
Montaggio
Martin Walsh
Musica
Dario Marianelli
Interpreti
Natalie Portman, Hugo Weaving, Stephen Rea, John Hurt, Stephen Fry
Anno
2005
Durata
132'
Nazione
USA
Genere
thriller
Distribuzione
Warner Bros

Primo film per l’assistente alla regia dei fratelli Andy e Larry Wachowski, creatori della fortunata trilogia di Matrix con Keanu Revees. Tratto da una interessante serie a fumetti, scritta da Alan Moore e disegnata da David Lloyd, edita in bianco e nero tra il 1982 e il 1985 (poi diventata libro unico), V per Vendetta è un film ibrido. Accosta i volteggi e movenze del film di genere alle linee narrative del percorso socio formativo, mischiando gli estremismi dell’uno e dell’altro in due ore di particolare interesse.
Il film si prefigge valori alti e ideali di resistenza quali la democrazia, la tolleranza, il coraggio in una nazione invasa dall’odio e dall’egoismo. In un’ipotetica Londra futurista controllata politicamente dall’egemonia di un dittatore simil-hitleriano, dove le minoranze sono bandite e soggiogate e il coprifuoco avverte di un pericolo costante, un eroe, V (Hugo Weaving), dietro la maschera ispirata al cospiratore Guy Fawkes che il 5 novembre 1605 cercò di far saltare in aria il Parlamento britannico, compie azioni sovversive al suon di Chaikowskj. Anche Evey (Natalie Portman), dal tragico passato familiare, sarà coinvolta nei piani di democratizzazione estrema concepiti da V, fino a raccoglierne i sogni di realizzazione e assecondarne le volontà.
V (doppiato da Gabriele Lavia) mischia influenze tra le più svariate, tra movenze e parole di un teatrante sul palco, pescando nel passato figure quali Il fantasma dell’opera e il Conte di Montecristo, l’anima nera di Batman e qualche sfumatura all’arma bianca di Zorro e probabilmente il senso del dovere sociale di Robin Hood.
Il film risulta essere “impegnato” sotto vari aspetti perché profonde elementi sociali forti e sensibilizza la massa alla cura delle relazioni interpersonali e all’educazione sentimentale col prossimo nel rispetto dei valori della vita, muovendo stati interiori tramite le parole e una poesia scura come l’ombra di un destino incerto, ma si disperde anche spesso per la sua natura cartoonesca ed estrema, nei combattimenti, nelle troppo sottolineate coincidenze, nell’essere suo malgrado un fumetto metabolizzato in film. Scontri corpo a corpo inverosimili e flashback di estrema origine tra fiamme e virus batteriologici ridimensionano una pellicola che a tratti ci sospende il fiato, colto a riflettere sui valori dell’esistenza e della società. Ma non si può certo fargliene una colpa, presupposto anche che i Wachowski Bros (che hanno scritto la sceneggiatura e hanno diretto la seconda unità di regia) sono “quelli di” Matrix con tutti gli annessi e derivati che implica il caso. Azione, esplosioni e ritmo sono coordinate bene dall’ottimo montaggio e dalle scelte stilistiche sul colore e la forza cromatica, mentre sacrificio, volontà e cultura intellettuale trovano troppo spesso improbabili dialoghi, talvolta un po’ forzati e fittizi, forse il punto più debole del lavoro. Tuttavia è giusto ricordare ancora la coerenza al fumetto, primigenio ispiratore del film. E i fumetti possono permettersi ciò che ai film non è consentito. Il finale, mosso da impulsi di empatia e condivisione, coraggio e obbligo civile, registra un alto contenuto emozionale visivo, rimandando concetti che la mia testa ha già elaborato qualche tempo addietro. Non per iperbole di superbia quindi ma per rimembranza sui moti della vita e il gioco dei travestimenti interiori oltre che esteriori, scatta l’autocitazione: «Siamo eroi proprio perché normali. Ma non ditelo a nessuno o dovremo tutti, prima o poi, portare la maschera sul volto» (“Spiderman & Soci: supereroi e storie di nostalgie”, da www.ilGrido.org, sezione Archivio, Anno I, Novembre, 2004). Nessuna profezia, solo intuito. Siamo persone. Normali. [alessandro antonelli]

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