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L'uomo senza sonno
The machinist
Regia
Brad Anderson
Sceneggiatura
Scott Kosar
Fotografia
Xavi Giménez
Montaggio
Luis De La Madrid
Musica
Roque Baños
Interpreti
Christian Bale, Jennifer Jason Leigh, Michael Ironside
Anno
2004
Durata
90'
Nazione
USA
Genere
thriller
Distribuzione
Nexo

Viaggiando tra Kafka e Dostoievskij (citato anche con un'inquadratura sul libro L'idiota), Anderson (omonimo, ma per fortuna non omologo, dell'autore di Alien vs Predator) ci porta in una dimensione allucinata, dove il sentimento della colpa si fa tangibile nelle sembianze smostrate di un Christian Bale quasi irriconoscibile. Una fotografia virata al verdognolo raggela il già deprimente fondale degli eventi: una fabbrica metallurgica, dove la macchina sembra voler divorare l'uomo alla minima distrazione, rendendolo succube e non più fruitore di una tecnologia disumanizzante, alla stregua del Samsa della "Metamorfosi" (il titolo originale del film è The Machinist...); e l'ambiente abitativo (lungi dall'essere una "casa") non è migliore: una tana contro cui combattere per non farsi sopraffare dallo sporco, dalla solitudine, dall'alienazione. Ma in Trevor Reznic sta accadendo di più: da un anno non dorme; mangia come un topo in gabbia ma continua a perdere peso;è costantemente in stato di allerta, eppure è come distratto dalla realtà circostante, cosa che mette a repentaglio se' e gli altri. Ed è paranoico: vede compagni di lavoro che in realtà non esistono, scopre fantomatici complotti ai suoi danni, trova strani biglietti attaccati al frigorifero. La conclusione spiegherà tutto, lasciando però lo spettatore con un bel po' di amaro in bocca. Per quanto lo stile sia stato accostato a Lynch o Cronenberg, e a tutta prima il film sembri incanalato sul filone Metafisico-Soprannaturale, in realtà se ne distacca progressivamente per approdare ad una dimensione più vicina alle tematiche morali trattate appunto da Delitto e Castigo di Dostoievskij, con un risultato a mio parere superiore a quello di Donnie Darko. Qui infatti Anderson non pecca di eccessivo virtuosismo, né esagera con i contorcimenti della trama, ma rende tutto funzionale all'idea di fondo, con un finale che meno hollywoodiano non si può, cattivo al pari di quello di Angel Heart. Ottime le interpretazioni, a cominciare da quella di Bale, che siè spinto ai limiti della sopravvivenza umana per "entrare nei panni" del protagonista. [matteo lenzi]