Stay - Nel labirinto della mente
Stay
Regia
Marc Forster
Sceneggiatura
David Benioff
Fotografia
Roberto Schaefer
Montaggio
Matt Chesse
Musica
Asche and Spencer
Interpreti
McGregor, Ryan Gosling, Naomi Watts, Bob Hoskins,
Elizabeth Reaser, Kate Burton
Anno
2005
Durata
98'
Nazione
USA
Genere
drammatico
Distribuzione
20th Century Fox
In attesa dell’imminente uscita americana del suo prossimo film, Stranger Than Fiction, ecco che approda nelle nostre sale l’ultima fatica di Marc Forster, Stay. Nato in Germania ma cresciuto in Svizzera e trapiantato negli Usa a partire dal 1990, anno in cui ha perfezionato i suoi studi cinematografici, Forster, già regista di Monster’s Ball e di Neverland, prosegue con Stay il percorso psicologico che aveva iniziato con il suo film d’esordio, il sottovalutato Everything Put Together, horror familiare in cui una giovane madre perde il proprio bambino e non riesce più a riprendersi. In Stay Forster si insinua nei meandri oscuri della mente umana attraverso la storia di uno psichiatra, Sam Foster, alle prese con i problemi di un giovane paziente, Henry Lethem, in preda a crisi esistenziali e minacce suicide. Man mano che le sedute psicanalitiche hanno luogo anche il rapporto che si instaura tra i due diventa sempre più intimo. Tanto che il confine che separa realtà e fantasia si assottiglia sempre di più. Sam si lascia trascinare nel labirinto della mente di Henry e il sottile legame che lo unisce al mondo della razionalità finirà per rompersi inesorabilmente…
Affascinante e complesso thriller psicologico, Stay (che significa “Resta” e fa riferimento alle ultime parole udite da Henry prima di morire che risuonano imploranti per tutto il film) analizza la realtà dal punto di vista di un ragazzo sul punto di morte. E come in un sogno, quando non si riesce più a distinguere ciò che è reale da ciò che non lo è e tutto sembra così vero finché non ci si sveglia, quello che accade è soltanto il frutto, più o meno inconscio, dell’immaginazione di una mente sconnessa che non riesce a ricostruire perfettamente quello che vede. Si tratta di un attimo. Quel breve attimo che separa la vita dalla morte. E quell’attimo così breve nel tempo reale è talmente lungo per il cervello umano da permettergli di inventarsi un intreccio di storie per spiegare quello che ha intorno. Stay è il racconto dell’anima di un uomo che sta per morire e mescola quello che sente e vede nella frazione di un secondo e quello che la sua mente rielabora sulla base del ricordo della vita vissuta fino a quel momento.
Sin dall’inizio il film si rivela surreale, onirico, quasi inspiegabile. Pullula di immagini e personaggi dejavu che si ripresentano con cadenza regolare. Niente è come sembra perché niente in realtà esiste. E’ tutto nella mente di Henry che proietta se stesso nella rappresentazione visiva di Sam attorno a cui crea un intricato susseguirsi di avvenimenti che solo in parte riflettono la vera essenza delle cose. Giochi di luci, scale vorticose, atmosfere cupe e sbiadite, una New York irriconoscibile (solo il ponte di Brooklyn resta inalterato). Tutto è distorto. E irreale. Proprio come in un sogno. O meglio in un incubo. [marco catola]