Sopra e sotto il ponte
id.
urioni
Regia

Alberto Bassetti

Sceneggiatura
Alberto Bassetti
Fotografia

Giulio Pietromarchi

Scenografia
Ivana Gargiulo
Musica
Tony Esposito
Interpreti
Isabel Russinova, Graziano Piazza, Lorenzo De Angelis,
Clio Bassetti, Davide Rossi
Anno
2006
Durata
85'
Nazione
Italia
Genere
drammatico
Distribuzione
Istituto Luce

Alessandro (Lorenzo De Angelis) è un ragazzo piuttosto ombroso, un borderline ricco di famiglia ma costantemente roso da una insoddisfazione profonda ed inespressa. Passa le giornate sopra e sotto i ponti a guardare le macchine sfrecciare tra una lettura di Pasolini, Hesse e le poesie di Bons Vian. Lo accompagna in queste elucubrazioni la fidanzata Deborah (Clio Bassetti), ragazza di periferia (Vigne Nuove, Nord-Est di Roma) con poche certezze ed un solo desiderio: avere una vita come quelle delle soap-opera televisive. Una vita spericolata è quella a cui invece punta suo fratello Valerio (Davide Rossi, figlio diciottenne della rock star Vasco Rossi), bullo di periferia senza arte ne parte in conflitto con la madre (Isabel Russinova) prostituta ed una vita fatta di violenze casalinghe alle spalle. Chiude il cerchio dei protagonisti, il padre di Alessandro, Andrea (Graziano Piazza), commerciante di articoli religiosi, intollerante, insofferente, che intrattiene rapporti occasionali con la madre della ragazza di suo figlio (gli sceneggiatori di Beautiful non avrebbero potuto fare decisamente meglio), per trovare poi conforto ed ascolto tra le braccia di Angela, una ragazza problematica conosciuta casualmente.
Un film sull’incomunicabilità, che vede genitori e figli muoversi su sentieri percettivi e cognitivi divergenti, incapaci di dialogare, di ascoltarsi, chiusi in monologhi rissosi e logorroici. Un film sul disagio giovanile messo in scena attraverso una impressionante sequela di luoghi comuni, frasi fatte messe in bocca ai protagonisti con assai poca convinzione e recitate in maniera monocorde dall’intero cast.
Tratto dall’omonima commedia teatrale di Alberto Bassetti, vincitrice del premio G. Fava nel 1995, questa trascrizione cinematografica da parte dello stesso autore, qui al debutto dietro la macchina da presa, soffre dell’impianto teatrale originale e non bastano timidi tentativi di innestarvi la macchina cinema (gratuiti movimenti di macchina, montaggio approssimativo che elude il più semplice campo-controcampo nelle scene di dialogo immergendosi quasi fosse Von Trier in cambi di campo diretti) per salvare un’opera illuminata dalla sola fotografia di Giulio Pietromarchi, capace di rendere la periferia di Roma con sfumature vagamente pasoliniane ed il centro della città lontano da facili inclinazioni agiografiche.
[fabio melandri]