Lord of War
id.n
Regia
Andrew Niccol
Sceneggiatura
Andrew Niccol
Fotografia
Amir Mokri
Montaggio
Zach Staenberg
Scenografia
Jean Vincent Puzos
Interpreti
Nicolas Cage, Ethan Hawke, Jared Leto, Bridget Moynahan, Ian Holm, Sammi Rotibi, Shake Toukhmanian, Donald Sutherland
Anno
2005
Durata
120'
Nazione
USA
Genere
drammatico
Distribuzione
IIF
Suggerimento per lo spettatore che si appresta ad assistere alla proiezione del nuovo film di Andreiw Niccol (sceneggiatore di The Truman Show e regista di Gattaca e S1m0ne) Lord of War: sospendete ogni principio di realtà e verosimiglianza. Solo attraverso questo complicato e non semplice processo psicologico questo film assume un minimo di logicità e coerenza.
Mi rendo conto di essermi infilato in un controsenso logico, sintattico e linguistico ma Lord of War è un oggetto così incomprensibile, così surreale e grottesco, pur non sposando uno stile grottesco di cui probabilmente se ne sarebbe giovato non poco, che rimane difficile spiegare, raccontare e giustificare.
Nel mondo in cui viviamo, sono in circolazione quasi 700 milioni di armi e ogni anno altri otto milioni vengono prodotte. Praticamente nel mondo c’è un’arma ogni 12 persone. La domanda da porsi è: come facciamo ad armare le altre 11?
Questa è la domanda che si/ci pone Yuri Orlov (Nicolas Cage) mercante d’armi, fulminato sulla via del piombo e della polvere da sparo dopo aver assistito ad una sparatoria tra gangster a Little Odessa, New York City, USA.
Andrei Niccol con uno stile registico compiacente e seducente mette in scena la storia di questo imirato russo in America capace di scalare rapidamente la classifica del crimine per conquistare con estrema facilità ed una forte dose di inverosimiglianza il tetto del mondo, conservando una innocenza di fondo che emerge in un paio di dialoghi con il suo più acerrimo nemico, l’agente dell’Interpol Ethan Hawke, che come l’Ispettore Zenigata di Lupin ha il pregio di arrivare sempre un minuto in ritardo di fronte agli eventi criminali che gli si svolgono sotto il naso.
Sicuramente lodevole è il tentativo di raccontare una storia sul traffico di armi, le stesse che ogni anno uccidono almeno 500.000 esseri umani, un traffico sostenuto ed alimentato da governi come gli Stati Uniti, la Francia, la Gran Bretagna, la Cina e la Russia, paesi che ironicamente hanno un posto fisso all’interno del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Un argomento come questo avrebbe sicuramente meritato una storia più credibile, forse un documentario alla Michael Moore, sicuramente più valido alla causa della lotta contro le armi. Niccol traveste la sua opera di fiction di realtà, seminando dati e date che potrebbero trarre in inganno tanto che sui titoli di coda ci si aspetta la classica dicitura “tratto da una storia vera” o simile. Ma la scritta non appare sebbene i dati contenuti nel film immaginiamo frutto di ricerche e rapporti più o meno confidenziali. Il difetto maggiore del film è quello di mettere troppa carne al fuoco, di sviluppare i vari passaggi narrativi con troppa leggerezza e velocità, conditi da dialoghi imbarazzanti e con il difetto più grande di non raccontarci in vero nulla di nuovo o nulla che non sia stato meglio raccontato da reportage televisivi. Un vero peccato perché a livello visivo il film non dispiace e l’intenzione sulla carta non era da buttare. Niccol sembra aver perso negli ultimi anni quella capacità di parlarci della realtà con quel tono leggero e surreale che tanto avevamo apprezzato sopratutto nei suoi primi lavori da sceneggiatore. Una crisi creativa che ci auguriamo sia presto superata per riscoprire quel talento capace di parlarci della società contemporanea attraverso metafore originali e messe in scena stranianti.

[fabio melandri]