Lemony Snicket - Una serie di sfortunati eventi
Lemony Snicket's A series of Unfortunate Events
Regia
Brad Silberling
Sceneggiatura
Robert Gordon
Fotografia
Emmanuel Lubezki
Montaggio
Michael Khan
Musica
Thomas Newman
Interpreti
Jim Carrey, Liam Aiken, Emily Browning, Timothy Spall, Catherine O'Hara, Meryl Streep, Billy Connolly, Cedric The Entertainer, Jude Law
Anno
2004
Durata
110'
Nazione
USA
Genere
commedia
Distribuzione
UIP

Classificabile all’interno di quella redditizia categoria denominata “family movie”, questo Lemony Snicket può essere considerato quasi una versione dark di Harry Potter. Più cattivo, più terrificante, insomma più horror! Vorrei ma...
Lemony Snicket è un curioso mix i cui ingredienti variano dalle fiabe gotiche dei fratelli Grimm ai racconti morali di Roald Dahl, in un’ambientazione di dickensiana memoria colorata da macchine e stramberie moderne alla Wild Wild West.
La storia è presto detta: i fratellini Baudelaire, rimasti orfani a causa di un misterioso incendio, vengono affidati di volta in volta a tutori e o parenti che finiscono l’uno dopo l’altro vittime di una serie di sfortunati eventi. Un cammino verso la maturazione osteggiato da parenti serpenti, sanguisughe carnivore, laghi lacrimosi, una compagnia ambulante di freak e tutto quanto possa venire fuori da un mente brillantemente immersa in uno stato di perenne e fanciullesca sindrome di Peter Pan.
Se pensato per un pubblico adulto, con alla regia magari un Tim Burton, il film avrebbe potuto scoprire interessanti geometrie narrative e spunti horror, ma ahimè rimane un prodotto prevalentemente per bambini con un susseguirsi di eventi dall’esito prevedibile, in cui fanno bella mostra di se scenografie, trucchi ed effetti speciali.
Un film che punta forte sull’interpretazione volutamente sopra le righe e ridondante di un immenso Jim Carrey che dopo Il Grinch ci offre un’altra interpretazione gioiosamente crudele. Il suo conte Olaf è costruito sulle stesse movenze e sguardi della Norma Desmond di Viale del Tramonto – vedi l’entrata in scena sulla scalinata – ed è la cosa più gustosa e divertente del film, che da parte sua stenta a decollare sul piano narrativo, impedendo qualsiasi tipo di affezione nei confronti dei personaggi in campo. Una pellicola che corre sul filo della noia in uno sterile esercizio estetico, in una noiosa galleria di effetti speciali, in un mix di già visto e già sentito di cui non si sentiva assolutamente il bisogno e la necessità. [fabio melandri]