L'uomo medio + medio
Comme Toute le Monde
Regia
Pierre-Paul Renders
Sceneggiatura
Denis Lapière,
Pierre-Paul Renders
Fotografia
Virginie Saint-Martin
Montaggio
Ewin Ryckaert
Scenografia
Véronique Sacrez
Costumi
Magdalena Labuze
Musica
Jean Massicotte, Claude
Milot, Mathieu Vanasse
Produzione
Entre Chien et Loup
Interpreti
Khalid Maadour, Caroline Dhavernas, Chantal Lauby, Gilbert Melki
Anno
2006
Genere
commedia
Nazione
Belgio, Francia, Lussemburgo
Durata
90'
Distribuzione
Videa-CDE,
Warner Bros
Uscita
20-07-07

Jalil insegnante di scuola materna a Parigi, bravo ragazzo dall'aria ingenua e gioviale, diventa il campione di un gioco a quiz in televisione, indovinando ogni risposta sui gusti dei francesi. Jalil sa esattamente qual'è il gelato preferito, le scarpe che la gente ama indossare, la parolaccia più pronunciata. Ha un dono straordinario per tutto quello che passa per la testa dei francesi. E' l'uomo dei sogni di ogni società di marketing e di ogni politico. Nessuno conosce meglio di Jalil le tendenze della società contemporanea. Jalil vince milioni di euro e conquista il cuore di Claire, l'assistente di studio del programma che l'ha reso l'uomo più popolare del paese. Ma quando si rende conto che le sue fortune non sono casuali nè tanto meno merito del suo talento, Jalil manderà in tilt l'intero sistema.
L'uomo medio più medio è una commedia rivolta ad un pubblico che non si aspetta molto dal cinema e dallo spettacolo. Siamo di fronte ad una rivisitazione sempliciona e scanzonata del Truman Show con Jim Carrey, con la differenza che qui il protagonista squarcia il velo di Maya che lo teneva separato dalla realtà, sovverte le regole, tirando fuori il peggio di sè.
Il film diretto da Pierre Paul Renders non va più in là di una pochade sulla libertà di scelta dell'essere umano, senza arrivare a una satira graffiante, resta nei limiti, negli argini di una trama convenzionale, non colpisce e non scuote le coscienze, non mira a disturbare lo spettatore con domande e interrogativi troppo destabilizzanti. E' ingenuo e prevedibile come il suo protagonista, a cui ci si affeziona fin dalle prime sequenze.
Scritto da Denis Lapier, una lunga carriera nel mondo dei fumetti e diretto da Renders, che si è fatto notare per alcuni documentari per Medici senza frontiere, L'uomo medio più medio appartiene al filone delle commedie francesi costruite per avere successo, a metà strada tra i ritmi indiavolati di Taxxi e le delicate raffinatezze della Cena dei Cretini, ma che scivola via senza strapparti una vera risata. Il clima di ironia su cui è costruito è il suo punto di forza. La trama è raccontata sempre da un punto di vista opposto da quello che ci si aspetta, lo spettatore ne sa sempre un po' di più dei protagonisti e questo lo mette in una posizione di superiorità, con poche sorprese ma godendosi un discreto divertimento. La domanda su cui ruota la prima parte del film è: Cosa accadrebbe se scoprissimo che la nostra vita è spiata ventiquattr'ore al giorno da una società di sondaggi che ci usa come cavie per testare prodotti di qualsiasi genere? E poi, Cosa accadrebbe se la nostra fidanzata fosse pilotata per amarci e recitasse un copione costruito ad arte per farci cadere in trappola? Infine nella seconda parte il punto di vista si ribalta e vediamo svolgersi la storia dal punto di vista di Jalil. La domanda a cui si tiene agganciato lo spettatore fino alla conclusione diventa: Cosa accadrebbe se la vita di Jalil andasse in onda in tv in prima serata ad uso e consumo delle famiglie francesi? Dove finirebbe la vita e dove comincerebbe la messa in scena?
E come se non bastasse, per alzare la posta in gioco, interviene dall'Eliseo il presidente della Repubblica uscente in caduta libera nei sondaggi che si affida a Jalil per vincere le imminenti elezioni. Politica e spettacolo si scambiano continuamente le parti in un vertiginoso intreccio che fatalmente blocca e paralizza la società civile e istituzionale. Da uomo medio, Jalil si ritrova a recitare la parte dell'Uomo Qualunque, ago della bilancia di un'intera nazione, colui che con le sue opinioni superficiali e banali scava la fossa alla democrazia, giunta alla sua fase terminale. Questo sembra essere il vero conflitto simbolico alla base del film, niente di meno che il conflitto tra la democrazia e l'autoritarismo populista. La democrazia ha sempre avuto il terrore del popolo pronto alla rivoluzione e delle istituzioni oligarchiche che monopolizzano il potere come una casta. Nel momento in cui sembra mettere troppa carne il fuoco, la sceneggiatura si ritira in sordina e converge verso una chiave interpretativa più tranquillizzante e meno ansiogena. Su tutto vince l'amore e la Francia potrà continuare a dormire sogni tranquilli.
[matteo cafiero]