Il mercante di pietre
id.
Regia
Renzo Martinelli
Sceneggiatura
Renzo Martinelli,
Fabio Campus
Fotografia
Blasco Giurato
Montaggio
Osvaldo Bargero
Scenografia
Andrea Faini
Costumi
Silvia Nebiolo
Musica
Pivio, Aldo Scalzi
Produzione
Martinelli Film Company, Creative Partners Int., Box Film Productions
Interpreti
Harvey Keitel, Jane March, Jordi Mollà, Paco Reconti, Federica Martinelli, Bruno Bigotta, Eleonora Martinelli, F. Murray Abraham, Lucilla Agosti
Anno
2006
Genere
drammatico
Nazione
Italia, UK
Durata
110'
Distribuzione
Medusa Film
Uscita
15-09-06

In principio furono le foibe con Porzus, a cui seguì il catastrofico Vajont e la rilettura del caso Moro con Piazza delle Cinque Lune. Non c’è che dire! A Renzo Martinelli, un passato nel mondo dei videoclip e della pubblicità, la rilettura della storia con taglio maieutico come lo autodefinisce, piace e molto.
Oggi con Il mercante di pietre, ricca co-produzione italio-inglese, affronta un tema quanto mai d’attualità, sebbene scritto due anni fa, sul terrorismo di matrice islamica. Un viaggio all’interno del fondamentalismo mussulmano illustrato da un Caronte assai particolare, Ludovico Vicedomini (Harvey Keitel), il mercante del titolo, un cristiano convertito all’Islam, che ha fatto della Jihad - letteralmente “sforzo” - la sua sciabola contro il nemico da convertire o sottomettere. Vicedomini fa parte di una cellula dormiente di Al Queda, che opera tra Milano e Torino, il cui capo è un Imam, Shahid (F. Murray Abraham), con l’hobby del piccolo chimico. Il suo ruolo è quello di individuare la “colomba”, ovvero un inconsapevole civile volto al martirio, anello terminale della catena volta al compimento di uno spaventoso attentato terroristico. La “colomba” in questione ha le fattezze morbide ed eleganti di Leda (Jane March), moglie di un professore universitario di storia del terrorismo (Jordi Mollà) alla Sapienza di Roma, privato delle gambe durante il sanguinoso attentato all’Ambasciata Americana di Nairobi.
Così il thriller imbastito dal regista e dalla coppia di co-sceneggiatori Fabio Campus e Corrado Calabrò, autore di ‘Ricorda di dimenticarla’, romanzo a cui il film è ispirato, si colora di rosa con una storia d’amore che va oltre ideologie, fanatismi e preconcetti, per indicare la “vera” soluzione ai tempi bui che ci aspettano da qui ai prossimi anni: l’amore per l’uomo, per Dio di cui è immagine e somiglianza, salva l’uomo da se stesso e dalla sua follia.
Tematiche che vengono opacizzate da una messa in scena ridondante e fracassona come solo Martinelli in Italia e Tony Scott all’estero sono capaci. Un virtuosismo della macchina da presa, spesso inutile e dannoso, che privilegia l’estetica dell’immagine alla sostanza dei contenuti (dialoghi e storia), non aiutato da dialoghi non all’altezza del tema trattato ed un cast a tratti imbarazzante e per lo più inadeguato, a partire dall’inespressivo almodovariano Jordi Mollà.
Frutto di attente ricerche storiografiche per capire la varietà e molteplicità del mondo mussulmano che in questa opera viene messo duramente sotto accusa, il film veleggia su un impianto drammaturgico sin troppo semplice e dicotomicamente esemplificativo che non rende giustizia a quella mole di lavoro che sta dietro alla sua preparazione. Il cinema di Martinelli, può piacere o meno, sicuramente il compito maieutico che si attribuisce, lo svolge con puntualità: stimolare la discussione, spingere all’approfondimento delle tematiche, aprire un dialogo su argomenti che troppo spesso si preferirebbe lasciare sommersi dalla polvere del tempo che passa. [fabio melandri]


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