I figli degli uomini
Children of Men
Regia
Alfonso Cuaròn
Sceneggiatura
Alfonso Cuaròn, David Arata,
Timothy J. Sexton
Fotografia
Emmanuel Lubezki
Montaggio
Alex Rodrìguez
Scenografia
Jim Clay,
Geoffrey Kirkland
Costumi
Jany Temime
Musica
John Tavener
Produzione
Strike Entertainment,
Hit & Run Productions
Interpreti
Clive Owen, Julianne Moore, Michael Caine, Chiwetel Ejiofor,
Charlie Hunnam, Claire-Hope Ashitey
Anno
2006
Genere
thriller
Nazione
USA, UK
Durata
109'
Distribuzione
UIP
Uscita
17-11-06

I figli degli uomini non ci sono più. In un futuro prossimo (siamo nel 2027 a Londra) un terribile difetto genetico impedisce alle donne di essere fertili. Non c’è la possibilità di procreare. E’ questo il flagello del nuovo millennio. Oltre che l’anarchia, le guerre, l’immigrazione e l’inquinamento. Il più giovane cittadino del mondo è appena morto all’età di 18 anni e l’umanità rischia l’estinzione. Sarà Theo, con una manciata di altri ribelli, a difendere la la Terra dalla fine…
Sorprendente trasposizione di uno dei romanzi meno noti della scrittrice cult britannica, P.D. James, famosa soprattutto per i suoi gialli.
Il futuro è alle porte. Appena vent’anni rispetto ad oggi. Ed è tutto così cambiato. Gli immigrati imprigionati come bestie da macello, i terroristi divisi in sette nazionaliste, le donne incapaci di procreare. L’umanità è in pericolo. Il mondo sta invecchiando. Non c’è più vita. La fine è imminente. La fantascienza è quasi un pretesto. Il messicano Cuaròn non ha fatto un film sul futuro. Sono lontani anni luce gli universi futuristici di Blade Runner. Piuttosto siamo di fronte ad un film che partendo dai problemi di oggi arriva a prevedere quelli che saranno i problemi di domani, i secondi diretta conseguenza dei primi. Eppure in un mondo malandato come il nostro si riesce ancora ad intravedere uno spiraglio di salvezza. Una giovane donna è rimasta incinta. Ma è un’immigrata e il governo non le permetterebbe mai di essere la madre del mondo. L’unica via di scampo è la fuga. Manca ancora un mese al parto e trenta giorni sono lunghi quando non hai un posto dove rifugiarti. Polizia e terroristi sono sulle tue tracce. Paradossalmente l’odio del mondo di fronte al germe della vita si ferma e lo lascia passare. Memorabile la scena in cui la giovane donna incinta scende le scale dell’edificio in fiamme aprendosi un varco tra i soldati armati. Una sorta di discesa divina sul mondo. Anche il male non può nulla di fronte alla forza della vita. Theo è l’eroe distratto, inconsapevole, sfuggente della storia. Chiamato in causa dalla ex-compagna, affiliata dei terroristi della resistenza, i cosiddetti Fishes, Theo si trova suo malgrado a ricoprire il ruolo di eroe. Riluttante e disilluso in un primo momento si accorgerà ben presto del peso della responsabilità che si assume. L’unica donna in grado di procreare è sotto la sua protezione. Deve smuoversi dalla sua apatia e reagire. Ma come un vero eroe d’altri tempi, del futuro magari, non usa armi e non versa sangue. Tra pallottole, bombe e violenza Theo riesce sempre a cavarsela senza ricorrere alla violenza. Come una nuova specie di uomo. Ribelle ma incruento.
Fantascienza apparente dunque ma messaggio cristallino. La vita, che poi altro non è che una metafora della pace, è racchiusa dentro una donna, per farla uscire e donarla al mondo occorre la solidarietà e il sacrificio di tutti. Solo così non ci sarà la fine del mondo. Solo così ci potrà essere un nuovo inizio.
[marco catola]



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