Il Grande Gatsby
The Great Gatsby

Anno 2013

Nazione Australia, USA

Genere drammatico

Durata 120'

Uscita 16/05/2013

distribuzione
Warner Bros

Regia
Baz Luhrmann
Sceneggiatura
Baz Luhrmann,
Craig Pearce
Fotografia
Simon Duggan
Montaggio
Jason Ballantine
Scenografia
Catherine Martin
Costumi
Catherine Martin
Musica
Craig Armstrong
Produzione
Bazmark/Red Wagon Entertainment, Village Roadshow Pictures, A&E Television
Interpreti
Leonardo DiCaprio, Carey Mulligan, Tobey Maguire, Joel Edgerton, Isla Fisher, Jason Clarke

 

Una storia può essere raccontata in molti modi, con diverse sfumature, coloriture, spessore. Lo ha ben evidenziato lo scrittore Raymond Queneau nel famoso testo Esercizi di stile (Einaudi) in cui un episodio di vita quotidiana, di sconcertante banalità, viene declinata in novantanove variazioni sul tema, mettendo alla prova tutte le figure retoriche dall'epico al drammatico, dal racconto gotico alla lirica giapponese, dall'umoristico al monologo e via discorrendo.
Ora il regista australiano Baz Luhrmann nella sua nuova pellicola Il grande Gatsby, tratto dal romanzo di Francis Scott Fitzgerald, non fa altro che raccontare nella forma del romanzo d'appendice, la medesima storia già raccontata in Romeo + Giulietta in forma di tragedia e Moulin Rouge in quella del musical: la storia di un amore forte, unico, senza compromessi ma pieno di difficoltà, rinunce, ostacoli apparentemente insormontabili e con un finale tragicamente romantico.

E Lurhmann lo fa con le armi di cui è in possesso: una messa in scena imponente, magniloquente, barocca, costruita su una ricchezza di colori, costumi, suoni e musiche che creano uno straniamento costruttivo rispetto alla verosimiglianza temporale in cui si svolgono gli eventi.
Qui siamo tra le mille luci di New York, nella scintillante città verticale che negli anni Venti dove contrabbandieri e poliziotti, ballerine e politici, farabutti e miliardari dall'origine poco cristallina convivono gli uni accanto agli altri tra bische clandestine alcool al fiumi e promiscuità sessuale sfrenata. Una vita bohemien che Lurhmann rende sullo schermo traducendo la sensibilità dell'Era del Jazz del romanzo originale nell'equivalente musicale del nostro tempo, con una combinazione di hip-hop, jazz tradizionale e altri stili musicali contemporanei che ne compongono la potente e coinvolgente colonna musicale. Una scelta deflagrante che il regista spiega così: “ Il romanzo di F. Scott Fitzgerald è disseminato di riferimenti musicali specifici all'ambientazione della storia nel 1922. Naturalmente riconosciamo quella che Fitzgerald ha definito 'Era Jazz', e questo è il periodo rappresentato sullo schermo, ma noi – il suo pubblico – viviamo in un'era definita 'hip-hop' e desideriamo che i nostri spettatori percepiscano l'impatto della musica moderna nello stesso modo in cui Fitzgerald ha fatto per i suoi lettori ai tempo della pubblicazione del suo romanzo.”

E se Lurhmann dimostra di avere una propria visione di cinema grandeur che rappresenta il suo segno identificativo, non poteva che essere lui a mettere in scena la Visione che guida Gatsby nelle sue azioni che ci vengono svelate a poco a poco dalla voce narrante della vicenda, l'aspirante scrittore Nick Carraway. Il film ha questa grande capacità di mostrarci i diversi personaggi in gioco, le motivazioni che li guidano, le vicende di cui sono protagonisti, lentamente, come un giocatore di poker che spizzica le carte in mano: Gatsby per esempio (interpretato da un Di Caprio in palla che sembra riprendere il personaggio di Howard Hughes interpreto in The Aviator asciugandolo degli eccessi che avevano condito quel ruolo) viene raccontato inizialmente dalle voci che girano sul suo conto, introdotto da dettagli di ombre dietro finestre, mani che spostano tendaggi, un anello come appendice del tutto, prima di apparire sullo schermo nella sua interezza; Daisy la bionda ragazza che rinunciando al brivido del grande amore impossibile, si è rifugiata in un comodo e tranquillo matrimonio di opportunità, è anch'essa introdotta da dettagli: una mano su un divano, un anello con diamante che luccica in una sala piena di luce e così via. Lurhmann ci fa spizzicare i diversi personaggi mantenendo sempre vivo l'interesse nei loro confronti, svelandoci come in un puzzle che si compone sotto i nostri occhi il loro passato, i desideri e le passioni, le paure e le insicurezze, tutto accomunato da una grande irresistibile voglia di vivere che esplode in ogni angolo dello schermo.

Il grande Gatsby non è un capolavoro alla Moulin Rouge, non è sorprendente come Romeo + Giulietta, ma dopo la delusione di Australia, segna la resurrezione di un Autore capace di emozionare, entusiasmare il suo pubblico, coinvolgendolo in una giostra di input sensoriali atti a sedurlo e stravolgerlo al contempo, giocando con lui attraverso una serie di citazioni cinematografiche che vanno da Quarto Potere (la casa di Gatsby assomiglia molto al castello prigione di Charles Foster Kane) a Gioventù bruciata (la corsa in macchina). Quindi lasciatevi condurre per mano in questo Luna Park in Technicolor e lasciate ogni inibizione voi che entrate in sala...
[fabio melandri]