Funny Games
Funny Games U.S.
Regia
Michael Haneke
Sceneggiatura
Michael Haneke
Fotografia
Darius Khondji
Montaggio
Monika Willi
Scenografia
Monika Willi
Costumi
David C. Robinson
Musica
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Interpreti
Naomi Watts, Tim Roth, Michael Pitt, Devon Gearhart, Brady Corbet, Boyd Gaines
Produzione
Celluloid Dreams, Celluloid Nightmares, Halcyon Pictures,
Tartan Films, X Filme International, Dreamachine
Anno
2007
Nazione
USA, UK, Germania, Italia, Austria, Francia
Genere
thriller
Durata
111'
Distribuzione
Lucky Red
Uscita
11-07-2008
Giudizio
Media

L’innocente richiesta di quattro uova sconvolge la vita di una coppia di sposi con figlio e cane al seguito, in vacanza nella splendida villa sul lago. Due giovani ben educati (anche troppo), muniti di guanti bianchi ed amanti del golf, si presentano a casa di Ann (Naomi Watts) e George (Tim Roth). Dopo un iniziale dialogo basato su convenevoli, Ann si infastidisce e chiede ai due di andare via. Insospettito giunge anche il marito: da questo momento, la situazione si capovolge irrimediabilmente. Peter (Brady Corbet) e Paul (Michael Pitt) (questi i nomi degli finti vicini), colpiscono alla gamba George, rendendolo inoffensivo. Portano la famiglia in salone e qui comincia il gioco al massacro con le vittime prescelte. Alla lecita domanda: “Perché state facendo questo?”; la risposta è di quelle senza appello: “Perché no?”. È questo il fulcro del film, un ‘perché no’ che elimina qualsiasi discussione o ipotesi di motivazione (né un’infanzia infelice con genitori divorziati, la noia o nemmeno la droga) e lascia spaesati, senza un appiglio.
I due ragazzi conducono il gioco: la famiglia felice ha dodici ore prima di morire e la partita a golf verrà condotta con educazione, considerato che “con le buone maniere è più facile”. I carnefici si divertono a lungo, senza farsi distrarre: non si può sottovalutare “l’importanza dello spettacolo” e “ci si annoia solo se chi soffre è muto”. Quando invece qualcosa va storto, basta un click che riavvolga la scena e tutto torna come prestabilito. L’occhio di Paul (Michael Pitt) si rivolge alla cinepresa e cambia il corso degli eventi: “E’ una scena – dichiara l’autore - che causa una rottura nel legame film/spettatore, cosa per me fondamentale”.
La vera sorpresa della pellicola diretta da Michael Haneke è che si tratta di un remake in lingua americana di un film realizzato sempre dall’autore di Niente da nascondere, ma con interpreti tedeschi. “Voglio mostrare la realtà della violenza, il dolore, le ferite inflitte da un essere umano ad un altro – spiega Haneke. Quando nei primi anni Novanta ho iniziato a pensare al primo Funny Games (1997), pensavo soprattutto al pubblico americano. Reagivo ad un certo tipo di cinema americano, alla sua violenza, al suo essere naif, al modo in cui gioca con gli esseri umani. In molti film americani la violenza è diventata un prodotto di consumo. Tuttavia, poiché era un film in lingua straniera e poiché gli attori erano sconosciuti in America, il film originale non ha raggiunto il suo pubblico”.
Spinto dal produttore Chris Cohen a portare negli Stati Uniti la sua opera austriaca, Haneke propone attori internazionali (“Ho posto una sola condizione: che la protagonista fosse Naomi Watts, per me la pura incarnazione del personaggio”), lingua inglese, stessa sceneggiatura e medesime scene rispetto alla versione tedesca. “Mi sono divertito a ricreare qualcosa che fosse il più identico possibile a una cosa già esistente. Ne avevo sottovalutato la difficoltà: tutto doveva aderire perfettamente al quadro stabilito in partenza. In alcuni momenti sono arrivato a maledirmi per aver scelto un’inquadratura piuttosto che un’altra dieci anni prima!”.
Quello che lascia questa coinvolgente versione fotocopia (l’operazione riporta alla memoria il secondo Psycho, diretto da Gus Van Sant) è sempre un forte senso d’impotenza e d’ineluttabilità, dominato dalla violenza che pervade la scena senza mostrarsi. Una sadica critica della società dello spettacolo, ai danni di uno spettatore suo malgrado partecipe, quindi colpevole. I drughi di Arancia meccanica (Stanley Kubrick, 1971) sono ancora tra noi, però oggi nessuno li ferma
. [valentina venturi]