Dopo mezzanotte
id.
Regia
Davide Ferrario
Sceneggiatura
Davide Ferrario
Fotografia
Dante Cecchin
Montaggio
Claudio Cormio
Musica
Banda Ionica, Daniele Sepe
Interpreti
Giorgio Pasotti, Fabio Troiano, Francesca Picozza, Francesca Inaudi
Anno
2003
Durata
90'
Nazione
Italia
Genere
commedia
Distribuzione
Medusa Film

"Le storie sono come la polvere..."
Torino vive di giorno. Con la luce lavora, si muove. Una città attiva a testa bassa che ha poco tempo di guardarsi dentro. Poi, dopo mezzanotte, quando il buio affonda i pensieri, ecco la magia.
Ultimo (capo)lavoro di Davide Ferrario (autoprodotto e distribuito in Europa e Usa), che rende omaggio al cinema e alle sue meraviglie, al passato, alle storie che nessuno ricorda ma delle quali siamo tutti figli. Primo tra tutti Buster Keaton (dedica sui titoli di coda). Il film è una semplice, piacevole e surreale favola metropolitana. Martino è il custode del museo del cinema di Torino, sito dentro la Mole Antonelliana. La sera si siede sulla poltrona della sala e dopo aver scelto una vecchia pellicola dall'archivio, la guarda con gli occhi di un bambino srotolando al tempo stesso il film della propria vita. L'intreccio si articolerà poi con Amanda (la "brutta" per la quale potremmo tutti perdere la testa) e "l'angelo", un ladro molto particolare di auto col sogno della Jaguar. Pian piano tutto scorre e la dolcezza ironica della pellicola ci assorbe per non restituirci più indietro. La voce narrante di Silvio Orlando, il grillo parlante del film, ci trasporta in una dimensione temporale asimmetrica, quasi come le novelle di un tempo, tramandate da nonno in nipote, per sentito dire, per generazioni. I testi e la sceneggiatura poco contano qua, sono "fittizi", ombre proiettate su altri sfondi. Ferrario parla con le immagini. Sono loro le vere protagoniste. Il passato e il presente s'intrecciano.
Dal 1895 ad oggi il cinema resiste e ci fa sognare. Per poi dimenticare tutto nuovamente e riniziare. Come l'amore. Tutti si fanno del male ma poi tutti si perdono nuovamente. Ferrario arriva qua. Tra il cuore e il cervello. Nella gola. Sensuale e ingenuo. Consapevole e ironico. Le riprese sghembe e storte, i montaggi frammentati con i fotogrammi interrotti a lui tanto cari. E' il Ferrario di sempre ma anche il Ferrario più "maturo", se cosi' si puo' dire. Dosa bene immagini, testo e musiche. Riesce a tenere alto l'interesse fino in fondo senza essere pesante o comunque assolutista (come nel purtroppo sottovalutato Anime fiammeggianti). Miscela le musiche su una Torino splendida tra luci ed ombre. La pellicola è un funambolo che cammina silenzioso sulla corda a 100 metri da terra. Anche i silenzi e le cose non dette creano curiosità e fremito in chi sta guardando. Il film è girato tutto in digitale ad alta risoluzione. E si vede. Ma i colori non mollano. Si lasciano gustare caldi senza la freddezza del computer. Un film intimo, umile ma originale.
Jules e Jim è uno spettro che aleggia per tutto il film e la dedica indiretta a Francois Truffaut nella sceneggiatura e nella trama, non è casuale. Siamo figli del passato. Tutto ci ha preceduto.
Scritto, prodotto e diretto da Davide Ferrario, un elogio al tempo odierno, dove tutti copiano da tutti e si realizzano libri-filmici in continuazione. Se siete amanti del Blockbuster style evitatelo come la peste. Se amate il cinema con la C maiuscola occhio a non scottarvi. E ricordate, “…i film finiscono. Il cinema no”. [alessandro antonelli]