Regia
Sofia Coppola
Sceneggiatura
Sofia Coppola
Fotografia
Harris Savides, Christopher Blauvelt
Montaggio
Sarah Flack
Scenografia
Anne Ross
Costumi
Stacey Battat
Musica
 Brian Reitzell
Nel 2010 cinque ragazzi californiani raggiunsero improvvisamente la celebrità, perchè si scoprì che da tempo erano soliti intrufolarsi nelle lussuose case di personaggi più o meno famosi di Los Angeles, riportandone costosi vestiti griffati, gioielli e non contenti condividendo le loro imprese con i compagni di scuola e anche sui social networks. Il Bling Ring sembra proprio uno specchio dell'adolescenza ambigua e desolata di oggi e, nonostante un'inchiesta di Vanity Fair e un film per la tv, non poteva non attirare l'attenzione di una regista particolarmente sensibile come Sofia Coppola.

La prima desolante constatazione è che nel nuovo Millennio ad attirare i giovani al posto del solito “sesso droga e rock 'n roll” è subentrato un trittico come “shopping, droga e gangsta rap”; essendo rimasto in piedi l'unico elemento sicuramente dannoso per la salute e avendo notevolmente abbassato la godibilità dei restanti due, c'è veramente poco da essere allegri. Nel seguire questi ragazzi apparentemente normali ma insensibili e completamente senza morale nelle case di Lindsay Lohan e Paris Hilton (che ha gentilmente messo a disposizione l'originale per le riprese) e ricca compagnia fino al triste contrappasso, lo stile di “Lost in Translation” e de “Il giardino delle vergini suicide” non cambia di una virgola, accompagnando lunghe scene senza dialogo con la musica, curando i dettagli, inserendo cameo di celebrità per rendere ancora più Vip gli ambienti esclusivi e fregandosene del ritmo che pure una storia di cronaca avrebbe potuto garantire. In questa impresa, la regista americana si affida ad attori quasi esordienti (neppure questa è una novità) a parte l'ex maghetta Emma Watson e mette in evidenza Israel Broussard, il maschietto del gruppo, bravo a tratteggiare la graduale perdita dell'innocenza man mano che la bravata si trasforma in un crimine reiterato.

Si dovesse prendere come monito etico per le generazioni di domani, parrebbe un po' semplicistico e prevedibile scaricare su famiglie assenti e/o incapaci e media deleteri tutta la colpa. Per sintetizzare il cinema che la Coppola propone ormai con una certa ciclicità viene in mente l'immagine prolungata che chiudeva il precedente “Somewhere”, con la Ferrari del protagonista che girava vorticosamente su stessa senza andare in realtà da nessuna parte.

Forse ha capito i nostri tempi fin troppo bene e il suo consolidato linguaggio al femminile (attento a trucchi e griffes) è il migliore per raccontarli; d'altra parte è innegabile una sempre crescente sensazione di vuoto all'uscita dai suoi film, favorita da un'attenzione smodata per il trash televisivo e non solo nei suoi due ultimi lavori, che sembra assimilare e approvare con troppo poco distacco ciò che si vorrebbe invece trattare e analizzare. C'è insomma il forte rischio che più che come voce del disagio giovanile la Coppola, nonostante le sperticate lodi ricevute tuttora da più parti, venga ricordata come colei che ha fatto indossare le Converse a Maria Antonietta ed ha sdoganato, senza che incredibilmente nessun naso si arricciasse, Simona Ventura e Paris Hilton sui gloriosi schermi delle più grandi rassegne di cinema internazionale. Ai posteri, come sempre, l'ardua sentenza.
[emiliano duroni]
Interpreti
Israel Broussard, Emma Watson, Taissa Farmiga, Katie Chang
Produzione
American Zoetrope, Nala Films, StudioCanal
Distribuzione
Lucky Red
Uscita
26/09/2013
Nazione | Anno
Usa, UK | 2013
Genere | Durata
drammatico | 90'