Battaglia nel cielo
Batalla en el cielo
Regia
Carlos Reygadas
Sceneggiatura
Carlos Reygadas
Fotografia
Diego Martínez Vignatti
Montaggio
Adoracion G. Elipe, Carlos Reygadas, Nicolas Schmerkin
Musica
John Tavener
Interpreti
Bertha Ruiz, Rosalinda Ramirez, Marcos Hernández, Anapola Mushkadiz
Anno
2005
Durata
98'
Nazione
Messico
Genere
drammatico
Distribuzione
Lucky Red
Marcos, autista cinquantenne di un generale dell’esercito, rapisce, con la complicità della moglie, un neonato che muore accidentalmente. In preda al rimorso, confida l’accaduto all’inquieta Ana, la giovane figlia del suo capo, che conduce una doppia vita, prostituendosi per puro piacere. In questa strana intimità tra i due, nell’accresciuta confusione, l’autista dovrà fare delle scelte, spinto da un urgente bisogno di redenzione, di castigo, oppure...?
Il film del messicano Carlos Reygadas (al suo secondo lungometraggio, dopo Japòn, autoprodotto con un cast tecnico ed attoriale di principianti, Camera D’or – Menzione Speciale Festival di Cannes 2002), vanta una struttura circolare. Percorsa l’intera circonferenza, si giunge alla scena conclusiva, speculare al “sorprendente” quadro iniziale ma trasfigurata dal carico di significati, espliciti e simbolici, risolti e controversi, rastrellati durante il tortuoso cammino.
All’interno di tale cerchio di contenimento si affastellano le macro e micro strutture narrative, a loro volta costruite in tondo, chiuse in sé, inframmezzate dal rituale dell’alzabandiera militare, sorta di leitmotiv che scandisce il ritmo e separa simbolicamente i vari segmenti filmici. Il Messico è una prigione entro cui l’essere umano può muoversi nei limiti dei tracciati “fatalistici” che caratterizzano un po’ tutto l’universo latino-americano, e, nella fattispecie, nella geometria delle forme, dei volumi e delle iperboli narrative e visive prospettate dal regista, in modo apparentemente schematico e rigido, in realtà aperte, nel ricorrente ed ambiguo gioco dei doppi significati, ad una tensione “morale/mistica” sotterranea, sebbene di natura puramente laica, molto immaginifica, libera e disturbante. In ragione di ciò e di una sceneggiatura ricca di contrasti e simbologie - non sempre di facile decifrazione, sebbene alludano innegabilmente alla realtà politica, socio-culturale, antropologica del Messico -, le scene di sesso esplicito, spinto oltre i limiti della pornografia, non tendono alla mera trasgressione, né allo scandalo come fine ultimo, bensì - strumento dell’espressione -, al meta-realismo con cui l’autore di Battaglia nel cielo tratteggia il vissuto dei suoi personaggi, in maniera spoglia, cruda, imbarazzante, ma priva di forzature ed ostentazioni. Vediamo così rappresentati i corpi obesi, sfatti e ripugnanti di Marcos e di sua moglie, mentre copulano pateticamente, con tagli di ripresa ed una fotografia di tipo pittorico (interessante “provocazione” il frame del Cristo Morto di Antonello da Messina, intervallato alla sequenza), in una sorta di trasfigurazione pietosa e catartica di ciò che convenzionalmente si associa alla disarmonia delle forme; là dove le plastiche nudità della bella e sensuale Ana contrastano non poco con il (meta)fisico bolso e rigido di Marcos. L’”Amour Fou”, nel dicotomico gioco di “Eros e Thanatos”, non si nutre di pregiudizi. Oltre che accentuare il già di per se notevole plasticismo di alcune sequenze, anche la musica assolve il compito di espandere le valenze metafisiche e/o simboliche che sottendono al degrado morale, spirituale e culturale degli strati più poveri ed emarginati della popolazione di Città del Messico. E’ il caso del formidabile concerto “bachiano”, proveniente dall’autoradio di Marcos, in forte contrasto con l’ordinario, prosaico e spento squallore di una stazione di servizio; oppure della Marcia Processionaria della “Semana Santa” che accompagna le riprese al ralenty - notevoli per dinamismo -, di una partita di pallone (il calcio, nuova frontiera della religiosità alienante e superstiziosa, sorta di alternativa modernista al culto di “Nostra Signora di Guadalupe”, presso il cui santuario Marcos si recherà in pellegrinaggio: affinché si compia il suo destino?).
Al girato dal taglio semidocumentaristico (le ripetute inquadrature ravvicinate e i totali della città), finanche cineamatoriale, ma in modo evidentemente “studiato” (le sequenze iper-realistiche nella stazione metro), si alternano le lunghe panoramiche di una mdp che stacca sul soggetto per compiere (poetiche) “divagazioni” di 360 gradi sulla città convulsa, alienata, estraniante, per poi tornare al punto di partenza, al nodo centrale dell’intera vicenda rappresentato dall’essere umano. Oltre a ciò, ed al ricorso alla soggettiva, altra caratteristica evidente dello stile di Carlos Reygadas – regista molto abile ed inventivo -, è rappresentata dal fuoricampo che accende l’immaginazione dello spettatore cui è dato intuire le scene non visibili, un’infinità di piccoli-grandi accadimenti, parti integranti dell’inquadratura, che entrano “nascostamente” in campo mediante quel suggestivo espediente tecnico-stilistico. Una molto brava e bella Amapola Mushkadiz, dotata di notevole carisma e personalità, sicuramente una promessa, caratterizza, anzi crea, con disinvolta efficacia il suo personaggio, in un ruolo tutt’altro che semplice. Marcos Hernández (Marcos) e Berta Ruiz (moglie di costui), entrambi attori non professionisti - secondo una precisa scelta dell’autore che predilige l’approccio interpretativo “bressoniano”, non (sovra)strutturato -, assolvono egregiamente ai loro insoliti ruoli. Battaglia nel cielo, affascinante opera seconda - molto applaudita dal pubblico del Festival di Cannes -, controversa, ambigua, aperta ad una molteplicità di interpretazioni, regala al fruitore, lasciato libero di immaginare in proprio, uno spaccato vivido ed originale della realtà del Messico contemporaneo e della natura umana, con le sue miserie e le sue capacità di riscatto, oltre i confini geografici e gli steccati culturali, in un pianeta che diventa sempre più globale. Carlos Reygadas, autore oramai più che promettente, è da tenere sotto stretta sorveglianza.
[giuseppe mariani]

| intervista al regista |