L’idea di fare un film sugli ultimi anni della “stagnazione” è nata quasi 10 anni fa. Tuttavia si è messo a lavorare a “Cargo 200” soltanto lo scorso anno. Cosa l’ha spinta a realizzarlo proprio adesso?
Rifletto a lungo sulle sceneggiature; però poi le scrivo in fretta. Stendere un progetto sulla carta, se già esiste nella mia testa, nei dettagli, non è un problema. Era arrivato il suo momento. Il cinema, in generale, si inventa, non si scrive. La scrittura è una cosa, le immagini un’altra. Ed io scrivo soprattutto per me stesso. Capita che gli attori, ad una prima occhiata alla sceneggiatura, non riescano a capire subito cosa voglia dire.

Cosa significa per lei “Cargo 200”: una condanna al periodo della stagnazione o un tributo?

“Cargo 200” non è per me né una condanna, né un tributo. E’ solo un film sul 1984, così come io lo ricordo, come lo immagino e come lo vedo. Avevo intenzione di fare un film forte sulla fine dell’Unione Sovietica. E l’ho fatto.

C’è chi definisce “Cargo 200” come un dramma e chi come la stampa ne parla come di un thriller. In quale genere lo collocherebbe?
Direi che si tratta piuttosto di un thriller, perché nel film l’azione è molto tesa. Sicuramente non è noioso.

Come è avvenuta la scelta del cast?
Il casting, come di solito lo si intende, non fa parte del mio metodo di lavoro. I provini sono durati due giorni e solo con protagonisti mai apparsi sul grande schermo. Gli altri attori li invito e basta. E non si tratta neanche di un provino vero e proprio: facciamo conoscenza, conversiamo… Cerco di capire quanto sono versatili, e se hanno del sale in zucca. Nel nostro film c’erano alcuni ruoli per giovani attori che dovevano essere interpretati da attori non professionisti, da semplici giovani. Ed era fondamentale sceglierli bene. Per esempio, una delle interpreti principali, una ragazza, secondo il copione doveva recitare nuda, facendolo senza vergognarsene, non solo davanti a me, ma di fronte all’intera troupe. Sembra che abbia fatto la scelta giusta. Non mi pare che ci siano stati errori.

Quali sono le location principali del film?
A Cerepovec abbiamo girato l’episodio più importante, il resto a Vyborg, Pskov, Staraja Ladoga ed altri.

E’ stato semplice ricreare l’atmosfera degli anni Ottanta? Avete dovuto creare delle scenografie, o come in “Mosca cieca”, le riprese sono avvenute in interni reali?
Abbiamo costruito una grande scenografia, realizzata dal fantastico scenografo Pavel Parchomenko, con cui avevo già lavorato. Mentre la costumista è mia moglie, Nadežda Vasil’eva, che ha fatto davvero un buon lavoro. E’ sempre un piacere lavorare con persone che conoscono il loro mestiere. Hanno lavorato con serietà e precisione, verificando tutto fino all’ultimo dettaglio: come venivano conferite le onorificenze ai soldati uccisi in Afghanistan, che uniforme indossavano, e come venivano caricati i loro corpi sugli aerei...

Chi ha scritto la musica del film?
Per la colonna sonora di “Cargo 200”, abbiamo usato i successi di quel periodo che si sentivano a metà degli anni Ottanta: “Trava u doma”, “Vologda” e altre. Abbiamo inserito anche le canzoni di alcuni autori alternativi: il gruppo moscovita poco conosciuto “DK” e il gruppo “Kino”, che nel film rappresentano l’avvento di un nuovo periodo.
Analizzando la sua attività, spesso i critici parlano di una forzata ricerca di provocazione. In effetti “Cargo 200” contiene diversi momenti scioccanti. Cosa sono per lei lo choc e la provocazione: uno sviluppo artistico, un metodo di lavoro, o non ci ha mai riflettuto?
Quando penso un film, capisco subito che tipo di film sarà. Fin dall’inizio mi sono reso conto che “Cargo 200” sarebbe stato un film-scandalo. Forse a molti non piacerà, nessuno però può rimanerne indifferente. Già adesso si può dire che il film è venuto bene. Il grosso problema può essere la percezione che lo spettatore ha degli anni della stagnazione. Perché quegli anni per alcuni sono stati addirittura un periodo d’oro, mentre “Cargo 200” è un film molto duro, persino per me. Si ricorda quando si parlava della violenza in “Uomini e mostri”? “Cargo 200” è ancora più forte.

Ha iniziato la sua carriera nel cinema con la trasposizione cinematografica di Beckett e Kafka. A quali autori vorrebbe rivolgersi adesso?
Non mi interessa al momento l’adattamento cinematografico di opere letterarie altrui. Anche se c’è un’eccezione: il libro di Nikolaj Leskov “I preti della cattedrale”. Leskov è un autore geniale. Tuttavia la trasposizione cinematografica risulterebbe sicuramente peggiore dell’originale. Per questo credo non valga la pena provarci.

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