Tutte le forme dell'amore

[fabio melandri]

Roger Michell


In occasione dell'uscita nelle sale de L'amore fatale, tratto dal romanzo di Ian McEwan, abbiamo incontrato il regista Roger Michell che ci ha raccontato l'amore, le sue forme, le sue manifestazioni possibili ed immaginabili ed il suo rapporto con l'autore del romanzo McEwan.

Il film è tratto dal romanzo di Ian McEwan. Cosa l’ha attratta del libro?
Il libro per chi non lo avesse letto è una meditazione sulla natura dell’amore forse; può essere anche definito un thriller su quello che è l’amore.

La cosa che mi ha attratto e quindi spinto ad adattarlo per lo schermo è la ricchezza di idee contenute del testo parallelamente ad una forte struttura narrativa; il cinema ha continuamente bisogno di storie e strutture narrative forti. Questo libro ha un mix ideale di idee e di struttura narrativa adatto per un buon film.

Il libro è pieno di storie parallele e secondarie. Quanto ha dovuto rinunciare in termini narrativi nella riduzioni in pellicola rispetto al romanzo?
Un testo ha la possibilità di sviluppare numerose digressioni e storie parallele. Nel cinema questo non si può fare ed abbiamo dovuto per forza apporre dei cambiamenti, sono necessari in ogni adattamento. Soprattutto nella seconda parte del libro abbiamo apportato i maggiori cambiamenti introducendo nuovi personaggi, cambiando la professione dei protagonisti. Io ero molto preoccupato della reazione dello scrittore, ma sono stato sollevato quando dopo aver visto il film ci ha detto che comunque lo spirito del libro era stato rispettato.

Ian McEwan risulta anche produttore associato. Qual è stato il suo contributo al film?
Ian ha letto tutte le diverse stesure della sceneggiatura facendo i suoi personali rilievi. A volte ha dato opinione positive altre volte negative. Altri suoi romanzi sono già stati portati sullo schermo, per cui sapeva benissimo che il film non può essere il libro, ma una versione dello stesso. Ha inoltre sostenuto che libro e film devono esistere insieme in una certa armonia anche se sono due cose differenti, a se stanti. Alla fine si è dimostrato soddisfatto di questo adattamento, più di altri del passato.

A guardare la sua filmografia - Notting Hill, The Mother, L’amore fatale – emerge una varietà di stili e tematiche assai diverse tra loro. Qual è il vero Roger Michell?
Noi tutti cambiamo e ci evolviamo nel tempo. Il mio film più conosciuto è sicuramente Notting Hill e la gente pensa che quello sia il mio genere di film. In realtà è esattamente il contrario. Quella è stata una parentesi bella, solare, allegra, di commedia, ma i mie ultimi film The Mother, questo ed Ipotesi di complotto sono sicuramente più dark, più complicati più vicini alle mie preferenze. Ma mi piacerebbe tornare in futuro a qualcosa di più leggero.

A già in mente qualche progetto in particolare?
Un progetto che vorrei realizzare, ma non subito, è un adattamento di Huckleberry Finn, che sono anni che non viene portato sullo schermo, facendone una versione un po’ più per adulti rispetto agli adattamenti del passato rivolti ai bambini. Ma sarà un film anche questo un po’ dark, pesante per cui non vorrei farlo subito. Per il prossimo anno mi piacerebbe fare un film su una rapina, una rapina di diamanti, da una storia in parte vera ed in parte inventata.

Il titolo del film in italiano è un po’ spiazzante; cosa ne pensa rispetto all’originale?
Sarebbe stato difficile tradurre perfettamente il titolo in quanto, in inglese, l’aggettivo “enduring” ha un doppio significato: amore che dura nel tempo e amore imposto. Era quindi difficile trovare in italiano un aggettivo che avesse la stessa ambivalenza di significato. Ero stato inoltre confortato dal fatto che anche il libro, tradotto in ben 23 lingue diverse, avesse perso questo doppio significato che ha in inglese. L’unica mia piccola preoccupazione associata a questo titolo è quella che molti forse potrebbero pensare ad un altro film Attrazione Fatale, opera che parla anche quello di un’ossessione amorosa, ma un film di altro genere.

Ci racconta del suo interesse sul tema della riflessione sull’amore?
Tutti quanti siamo interessati all’amore, uno dei grandi misteri della vita, sicuramente della mia. Le domande che il protagonista si pone sulla natura dell’amore sono tristi magari, ma sicuramente stimolanti. Per esempio la teoria dell’amore come strumento di evoluzione prettamente biologica a fini riproduttivi non può essere scartata totalmente. Ma sia il libro che il film ci offrono svariati esempi e forme di amore, anche se non sempre e tutti positivi. La comparsa alla fine su questo immenso prato verde, in maniera quasi shakespeariana, della coppia professore-studentessa, quasi fossero stati infettati dall’amore, è un segnale positivo in un certo senso.

Tra le forme di amore presenti nel film c’è quella omosessuale che viene trattata con una certa ambiguità soprattutto dal punto di vista del protagonista. E’ una cosa voluta, presente anche nel libro, o no?
Ciò che muove Jed non è il suo essere omosessuale, la sua ricerca non è quella per un amore sessuale, ma per un amore puro. Il bacio che è presente nel finale è per me l’espressione ultima di quello che è l’amore, quell’amore che prende il sopravvento su tutto, un amore che prova per l’altro destinato a durare. Il film è comunque pieno di ambiguità. Ad un certo punto ci si chiede chi è il più folle tra i due.

Come è avvenuta la scelta degli attori?
Io avevo lavorato precedentemente con entrambi gli attori. Con Rhys (Jed) in particolare oltre che nel ruolo comico di Notting Hill anche a teatro e sapevo di queste sue potenzialità per un ruolo che per altro interpreta con una grande innocenza, con grazia, donandogli un carattere femminile che suscita indubbiamente una certa simpatia.
Riguardo a Daniel (Joe) ritengo abbia un immenso talento. Ora inizierà a lavorare anche negli Stati Uniti - sarà infatti il prosimo James Bond 007 [NdR] - e io mi auguro, anzi ne sono sicuro, che avrà l’opportunità per imporsi come uno dei migliori attori inglesi, capaci di veicolare grandi progetti grazie alla sua sola presenza.

Nel film vi è una forte prevalenza di volti, visi, facce, sia come stile di regia - con l’uso di molti dettagli sugli attori - che nel mestiere del personaggio interpretato da Samantha Morton. E’ una scelta voluta?
Quello che più mi interessa alla fine è capire cosa succede nella testa delle persone, i loro concetti mentali. E’ forse per questo che mi concentro sui dettagli ed è per questo che ho cambiato il mestiere della protagonista Samantha Morton. Nel libro infatti era una studiosa di Keats mentre qui è una scultrice di arte figurativa che scolpisce volti quasi a dimensione reale.


Filmografia
1996 - My Night with Reg

1998 - Titanic Town
1999 - Notting Hill
[id.]
2002 - Ipotesi di complotto [Changing Lanes]
2003 - The Mother
[id.]
2004 - L'amore fatale
[Enduring Love]