L'81esima edizione degli Academy Awards si è svolta nel segno della favola bollywoodiana dell'inglese Danny Boyle, The Millionaire, capace di aggiudicarsi 8 Oscar (film, regia, sceneggiatura non originale, fotografia, mixaggio sonoro, montaggio, colonna sonora, canzone) su 10 candidature, distanziando il suo più serio concorrente che ne esce sconfitto e ridimensionato, quel Il curioso caso di Benjamin Button di David Fincher con soli 3 Oscar (scenografia, trucco, effetti speciali) sulle 13 candidature ricevute.
Nel complesso una cerimonia senza grandi sorprese, con l'eccezzione dell''Oscar al Miglior Film Straniero finito in terra d'oriente al giapponese Departures (in anteprima italiana al prossimo Far East Film Festival di Udine) che ha battuto i favoriti Valzer con Bashir e La Classe, e la statutetta assegnata alla miglior interpretazione maschile che invece di premiare il nostro personale favorito Mickey Rourke per The Wrestler, uno dei migliori film dell'anno inzieme a Il dubbio entrambi rimasti in secca, è finito nelle comunque meritorie mani di Sean Penn per Milk - il cui discorso a favore dei matrimoni gay è una vera richiesta di impegno per il neo Presidente Obama - pellicola premiata anche per la sceneggiatura originale di Dustin Lance Black.
Perplessità ci giungono invece dalle categorie interpretative dove l'isterica Penelope Cruz di Vicky Cristina Barcellona ha avuto la meglio sulla compassata ma più convincente Amy Adams de Il dubbio, pellicola che ha visto segnare il passo anche per Meryl Streep - per noi la più meritevole - contro Kate Winslet che al sesto tentativo si aggiudica la statuetta per il ruolo fortemente chiaroscurale in The Reader e Philip Seymour Hoffman sconfitto dall'Oscar alla memoria di Heath Ledger, premiato per il suo ultimo ruolo di Joker ne Il cavaliere oscuro di Nolan. Strafavorito e vicnitore nell'animazione Wall-E contro due avversari mai deboli come quest'anno.
Se quindi dal punto di vista dei premiati poche le sorprese, queste sono state assicurate dallo show e dalla performance del suo presentatore il solitamente compassato Hugh Jackman, che dall'Australia con furore si è scatenato in numeri da grande musical di un tempo, dimostrando ironia, leggerezza, doti vocali e inclinazione al ballo inaspettate; il tutto sotto la regia di Baz Lurhmann che ha curato la performance dedicata alla storia del genere musical, ispirandosi ad un maestro come Busby Berkley. That's all folks!
[fabio melandri]