Edward Hopper
Titolo originale
Edward Hopper
Autore
Mark Strand
Anno
2003
Editore
Donzelli

La nostra vita è piena di istantanee, d’immagini, di sensazioni che impariamo a conservare o che inevitabilmente perdiamo. Momenti, attimi in cui ci troviamo a meditare, a parlare con noi stessi ed in cui siamo protetti, in un certo qual modo, dal mondo esterno. I quadri di Hopper colgono gli istanti, come fotografie fermano il tempo. Uomini e donne sono sospesi, guardano verso lo spettatore oppure si interrogano guardando l’infinito. Vi è della poesia in tutto ciò, una canzone che accompagna ogni riflessione umana. Mark Strand, poeta di cultura americana, ha colto la sensazione e le atmosfere che aleggiano attorno alle stanze di Hopper che diventano “tristi rifugi del desiderio”. Il processo è semplice, consiste nell’estrapolare dai quadri la loro essenza, fondendoli con un tocco di poesia e di vissuto. Trenta opere, altrettanti pensieri e fini considerazioni. Sembra tutto fermo ed inanimato nei capolavori dell’artista statunitense, ma è solo un impressione banale e superficiale. Non è sempre richiesta la presenza umana, molto spesso può risultare superflua, scontata ed inutile. Strand puntualizza : “sono più interessato alla presenza di strategie pittoriche che non alla presenza di aspetti sociali nell’opera di Hopper”, ma è solo una verità appena accennata e non rispettata. La società è un coltello che taglia la tela, i pennelli di Hopper sono pieni di colore e di vita vissuta. Tutto è teatrale e rifinito per far andare in scena i personaggi. Gli interni del pittore americano sono ambienti costruiti per recitare e per mettere in scena la vita fotografata in piccoli istanti quotidiani. Il poeta Strand sottolinea a proposito delle stanze di Edward: “più sono teatrali , simili a messe in scena , più ci spingono a immaginare cosa succederà poi; più sono fedeli alla vita, più ci spingono a costruire la narrazione di ciò che ha avuto luogo in precedenza”. Ci si perde a guardare un bar dall’esterno, la vetrata invoglia ed incuriosisce la nostra vista. Notte fonda, strade deserte, tutto ciò ha sicuramente del poetico.
Nottambuli per Strand riveste un ruolo essenziale perché è considerato l’emblema stesso dell’opera di Hopper. Strand realizza uno scritto veloce ma puntuale, che non tradisce le attese, le stesse che riguardano molte donne ritratte dal pittore americano. Donne che all’interno della loro abitazione meditano e sembrano custodite in una teca di vetro. “Nei quadri di Hopper possiamo guardare le scene più familiari e sentire che sono essenzialmente remote, addirittura sconosciute […] È come se fossimo spettatori di un evento cui non siamo in grado di dare un nome”. Il poeta ha ragione, siamo intrusi, persone che non possono accedere a determinati saperi e a segreti ben custoditi.
Ci ritroviamo così in partenza per altri luoghi, come la donna in copertina che ci guarda con aria indagatrice.
[alessio moitre]

 

Mark Strand è nato in Canada nel l934 ed è cresciuto negli Stati Uniti. Insegna alla Committee on Social Thought dell’Università di Chicago. Le sue poesie hanno riscosso numerosi premi prestigiosi quali per esempio il MacArthur Fellowship e il premio Pulizer nel 1999. Nel 1990 è stato poeta laureato degli Usa.
Nottambuli, 1942