L'uomo che cade
Titolo originale
Falling Man
Autore
Don DeLillo
Anno
2008
Editore
Einuadi
Prezzo
17,50

“Ma è proprio per questo che avete costruito le torri, no? Non sono forse state costruite come fantasie di ricchezza e potere destinate un giorno a trasformarsi in fantasie di distruzione?”

Don DeLillo conosce e interpreta la società americana come pochi altri scrittori contemporanei. Già in Underworld ci aveva regalato un quadro degli Stati Uniti attraverso i loro ultimi cinquant’anni di storia e in Americana ci mostrava il cuore dell’America attraverso il viaggio su un camper di tre inverosimili compagni.
Oggi con L’uomo che cade racconta la tragedia delle Twins Towers e lo fa però in modo tutt’altro che originale. L’argomento vista la sua potenza e importanza sicuramente può e anzi deve essere narrato da più voci, ma ognuna di queste dovrebbe recare originalità e forza narrativa. Così ha fatto Safran Foer, narrandoci la tragedia attraverso gli occhi di un bambino. Meno convincente ma comunque godibile la prova di Ken Kalfus nel suo “Uno stato particolare di disordine” dove una coppia di separati trova di nuovo l’amore e l’equilibrio dopo il disastro.
Da qui parte la storia di Delillo. Keith, un uomo che lavora nella torre nord, ormai separato e non più innamorato della moglie Lianne, dopo essere sopravvissuto al crollo, barcollando, in stato confusionale, con i vetri tra i capelli e addosso tracce di sangue di un collega ormai inghiottito dalle macerie, ritorna a casa e lì pare voler restare anche se non ce la fa a non cedere alle lusinghe di Florence, “una donna di colore dalla pelle chiara, più o meno sua coetanea, e con un’aria gentile, e abbastanza robusta” che come lui è sopravvissuta alla tragedia. Catarsi carnale della comune esperienza devastante.
Lianne è una quarantenne madre di un bambino simpatico che parla a monosillabi e che dopo l’undici settembre guarda il cielo con un binocolo perché nella sua fantasia Bin Laden,da lui e i suoi amichetti ribattezzato Bill Lawton, deve ancora arrivare dal cielo.
Ma le storie più interessanti che Delillo ci propone sono parallele e anche scollegate alla narrazione principale. Una di queste ci parla della madre di Lianne, Nina, una sofisticata anziana professoressa da vent’anni amante di un certo Martin, un uomo dal misterioso passato e dell’ancora più nebuloso presente, del quale non si è certi neanche del nome, sempre in giro a prendere aerei. La loro storia d’amore è la più poetica, il mistero che avvolge l’attività del vecchio amante è il più avvincente e la malattia dell’anziana signora ancora più commovente delle pagine relative allo schianto.
L’altra invece è quella dei terroristi, in pochissime pagine l’autore ci descrive le giornate dei kamikaze, facendoci a volte venire il dubbio che forse anche loro a tratti avessero dei sentimenti. Peccato che queste due vicende non siano state espresse in maniera più corposa. La storia principale infatti di Keith e Lianne è abbastanza banale e in lunghi tratti molto noiosa.
L’Uomo che cade, un performer di New York, che amava gettarsi dai grattacieli solo con una rudimentale imbracatura come protezione, oltre a dare il titolo al romanzo, ci porge lo spunto per una riflessione sulla nostra società contemporanea, in bilico, che si aggrappa a poche e labili certezze.
Anche se il plot narrativo è debole il libro viene comunque salvato dallo stile narrativo di Delillo, elegante e raffinato. Inoltre il romanzo è molto compatto, non c’è nulla fuori posto, ogni comportamento, oggetto, personaggio, colore all’inizio viene quasi accennato, poi raccontato e alla fine spiegato fino al suo esaurimento.

[
francesca bompadre
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Donald Richard DeLillo, detto Don è nato a New York il 20 novembre del 1936 da genitori italiani emigrati subito dopo la prima guerra mondiale da un paesino in provincia di Campobasso, Montagano.
Nato e cresciuto nel Bronx, allora abitato in gran parte da italoamericani, frequenta scuole cattoliche fino agli studi universitari; l'influenza degli studi cattolici traspare in molti dei suoi scritti e principalmente in Underworld (1997).
Finiti gli studi, inizia a lavorare come pubblicitario e ad interessarsi di arte e musica, particolarmente al jazz e alla scrittura. Nel 1971 pubblica il suo primo romanzo, Americana, tradotto in italiano solo nel 2000. Nel 1972 pubblica End Zone, non ancora tradotto in italiano, e l’anno successivo Great Jones Street (tradotto in italiano nel 1997) che narra di un artista rock ritiratosi a vivere in un ambiente spoglio.
Alla fine degli anni Settanta intraprende un lungo viaggio formativo in Medio Oriente e in India, successivamente si trasferisce in Grecia dove vive per tre anni e scrive il suo ottavo romanzo, I nomi, che ha un buon successo come “thriller psicologico”.
Torna quindi negli Stati Uniti dove scrive White Noise con cui, nel 1985, vince il National Book Award.
Ascritto al cosiddetto postmodernismo insieme a Thomas Pynchon e Paul Auster.
Osservatore acuto della società americana nel passaggio di millennio e del suo immaginario collettivo, descrive la realtà che lo circonda con una scrittura in cui racconta la società attraverso i media, la religiosità, i riti profani e le liturgie della politica comprese di intrighi tesi alla conquista del potere.