Le voci di Marrakech
Titolo originale
Die Stimmen Von Marrakesch
Autore
Elias Canetti
Anno
1964
Editore
Adelphi (2004)
“Davvero in quel momento mi sembrò di essere altrove, di aver raggiunto la meta del mio viaggio. Da lì non volevo più andarmene, ci ero già stato centinaia di anni prima, ma lo avevo dimenticato, ed ecco che ora tutto ritornava in me…”

Elias Canetti ha raccolto nelle pagine di questo libro le impressioni di un suo viaggio in Marocco intrapreso nel 1954 in un momento di sosta della sua produzione letteraria. Da scrittore di grande spessore ci da una visione quasi intima del rapporto che si instaura fra il viaggiatore e la realtà avvincente di una città multiforme come Marrakech.
Senza indugiare nella banalità del turista meravigliato, descrive la sua relazione personale con la città ed i suoi ambienti, entrando nella sfera delle emozioni suscitate dal dialogo con la gente, dal confronto con un mondo differente che ha una sua bellezza, una sua dignità ed un suo equilibrio.
Nel titolo si parla di voci più che di immagini, ma quello che lo scrittore ci restituisce è una visione di un paese vibrante di luce, di suoni e di colori, complesso ed affascinante. Sono dei fotogrammi della vita di una città bellissima, il simbolo di un magreb avvincente, chiusa nelle sue mura, immersa nella sua storia, ricca dei profumi e degli aromi dei suoi suk dove si vendono le più incredibili mercanzie, dalle stoffe alle spezie, il quartiere ebraico: la mellah dove i bambini in un mondo arabo leggono perfettamente l’ebraico. Una città popolata dai mercanti di cammelli, dalle donne velate e affascinanti, dai mendicanti, dai saltimbanchi e dai venditori; una popolazione semplice e viva, dignitosa e fiera ma soprattutto non diversa.
Le curiosità del Canetti-viaggiatore nel racconto si sommano alle sue emozioni di uomo europeo nel sentirsi “a casa” nonostante la distanza e le differenze in quell’Africa sconosciuta ma non estranea, anzi intimamente così vicina da diventare alla fine una parte di se stesso, qualcosa da portare con sé al ritorno, qualcosa che alla fine diventa parte di noi stessi, forse un posto già conosciuto. È probabilmente in questo “sentirsi a casa” che va ricercata l’origine di ciò che noi europei chiamiamo “mal d’Africa”?
Anche se il libro è stato scritto più di cinquanta anni fa, offre un ritratto ancora oggi molto vivo di Marrakech e rimane una guida fedele per ogni viaggiatore o lettore attento. Lo stile del racconto è rapido, per offrire l’immediatezza delle immagini e ci restituisce un Canetti insolito, se non nello stile almeno nel soggetto.
[simonetta cestarelli]
“Quando ci sentiamo sopraffati dal fuggire dall’esperienza ci rivolgiamo a un’immagine: ci teniamo stretti a ciò che non muta e così riusciamo a far affiorare ciò che muta perennemente.”

Elias Canetti nasce il 25 luglio 1905 a Ruscuk, in Bulgaria, da una famiglia ebrea sefardita che parla lo spagnolo. Dai genitori impara lo spagnolo antico ed il bulgaro, si trasferisce in Inghilterra, a Manchester, nel 1911 dove impara l’inglese. Successivamente alla morte del padre, viaggia con la madre a Vienna, Zurigo e Francoforte dove impara il tedesco, lingua che definirà più tardi lingua salvata ed alla quale rimarrà fedele in tutta la sua produzione letteraria. Studia chimica laureandosi, ma si dedica alla letteratura, pubblicando, nel 1932, una commedia violentemente caricaturale, Nozze. Nel 1935 esce il suo primo ed unico romanzo, Die Blendung, tradotto in italiano per volere dello stesso Canetti, come Auto da fé, incentrato sulla solitudine nella società contemporanea, in cui il protagonista, un intellettuale “tutto testa e niente corpo” perisce nel rogo dei suoi centomila volumi. Di notevole spessore è Massa e potere (1960), saggio sulla psicologia del controllo sociale, l'autobiografia, divisa nei volumi La lingua salvata (1977), Il frutto del fuoco (1980) e Il gioco degli occhi (1985). Vince il premio Nobel per la letteratura nel 1981. Decide di tornare a vivere a Zurigo, il paradiso perduto della sua adolescenza, in cui morirà il 14 agosto 1994.