«Il teatro ci aiuta a capire e vedere quello che una società ha deciso di lasciare in una zona grigia, indefinibile, invisibile». Rafael Spregelburd drammaturgo, regista e attore arrivato in Italia attraverso la regista Manuela Cherubini, traduttrice dei testi e co-regista dello spettacolo Furia Avicola, introduce con queste parole il tema del ruolo del teatro contemporaneo quale rappresentazione di un mondo complesso, che i miti del teatro europeo non sono più in grado di spiegare. L’esperienza di partenza per l’eclettico e brillante autore è la crisi argentina del 2001, che ha generato una dilagante creatività in campo artistico, alla ricerca di un nuovo modo di interpretare la trasformazione di una realtà complessa.

Dopo il riconoscimento del doppio premio Ubu come miglior novità straniera e le collaborazioni con Luca Ronconi, Spregelburd si conferma tra i più significativi autori del teatro contemporaneo. Durante la presentazione del libro “Il teatro, la vita e altre catastrofi” avvenuta nella Sala Squarzina del Teatro Argentina il 18 febbraio, Dell’incontro con Ronconi, l’argentino racconta della capacità confortante del teatro anche nei giorni della dialisi, e come i copioni recitati a memoria abbiano riempito gli ultimi giorni di vita del Maestro, scomparso il 21 febbraio del 2015.

Come per Eduardo Del Estal, filosofo e tecnico della “Legge di figura e sfondo”, secondo la quale il cervello vede l’oggetto che la vista pone in primo piano tralasciando ciò che c’è sullo sfondo, così vivere in una società che sente la necessità di spiegare tutto, fa perdere il significato di ciò che non è immediatamente spiegabile, che appartiene al senso e che invece racchiude l’esistenza.

Secondo Spregelburd è all’arte che spetta il compito di arricchire il senso, di riportare l’attenzione su quel momento incerto e complesso che definisce l’esistere e che, se non correttamente alimentato, può condurci a uno stato che Del Estal stesso chiama «la fine dell’arte», cioè del pensiero. Spregelburd con il suo teatro propone uno schema innovativo di rappresentazione di questa complessità, che chiama fiction: un luogo teatrale dove non esistono riduzioni, bensì ampi spazi di dialogo, che forniscono allo spettatore campi di riflessione.

Scriveva Ronconi:«Il teatro di Spregelburd fa pensare ad un certo cinema che abbiamo conosciuto ed apprezzato grazie a registi e sceneggiatori come Alessando Gonzales Iñarritu e Guillermo Arriaga, autori di film come “Babel” o “21 grammi”. Una cifra tipicamente Sudamericana ma che ci è divenuta familiare e che viviamo come profondamente contemporanea».