Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità

Un pittore, Schnabel, che parla di un altro pittore, Vincent Van Gogh: è questo che fa il regista-pittore Julian Schnabel nel suo nuovo film “Van Gogh –

La locandina

Sulla soglia dell’eternità”, presentato in concorso all’ultima edizione del Festival del cinema di Venezia. Schnabel stesso, infatti, fu pittore di fama negli anni ’80, convertito al cinema, strumento che qui usa per raccontare ed interpretare il processo creativo che si nasconde dietro le opere di Van Gogh, in un modo che “solo un pittore può comprendere”.

Tralasciando quasi gli aspetti biografici, che riconosciamo tutti (Arles, la stanza gialla, l’amicizia con Gauguin, l’orecchio tagliato, il manicomio), Schnabel entra nella testa di Van Gogh mostrandoci il mondo attraverso l’occhio visionario ed irrequieto di quell’artista folle, ma geniale, non apprezzato in vita. In molte scene sceglie di filmare con la camera a mano, utilizza filtri e realizza scene fuori fuoco, cercando di esaltare quella frenesia creativa con cui l’artista ha dipinto. Ovviamente quella di Schnabel è un’interpretazione personale che rimane però in superficie ed una sola scelta estetica, senza raggiungere, nemmeno in parte, le emozioni creative. È da apprezzare l’originalità con cui tenta di parlarci dell’artista, che per una volta, non si limita al solito artista incompreso.

Da ora in avanti Vincent Van Gogh ha un nuovo volto, quello di Willem Dafoe che lo interpreta magnificamente, aggiudicandosi meritamente la Coppa Volpi come migliore attore. Interpretazione che merita di essere vista, anche se nel complesso il film non convince del tutto.